Dopo una lunga parentesi di gioventù passata tra i libri e le pareti di una biblioteca poco affollata, coltivando in un silenzio ascetico l’idea che parole e pensieri secolari avrebbero alimentato a dovere il mio spirito forse salvandolo, forse no… ho scoperto di avere un ‘corpo’.
“Meglio di niente” – mi sono detta. E per riparare a questa enorme gaffe con me stessa, ho fatto un passo indietro, un mea culpa e una torta al cioccolato.
Ebbene a furia di riconsiderare la questione dal punto di vista di un corpo, che poi era anche il mio, ho dovuto ammettere ‘tra me e me’ non solo di ‘essere un corpo’ ma di averne uno, particolarmente, intollerante agli intellettualismi di genere e di corte, ai sofismi superflui e a parole troppo puntuali, cascasse il mondo, ma anche a quelle inutilmente superbe per i superbi, stupidamente ‘sicure’ per gli ‘insicuri’.
E ho scoperto, anche, di avere un corpo grazie al ‘corpo a corpo’ con la quotidianità, la folla e l’accidente, ma anche con l’amore, sempre, e soprattutto con la metro B. Che chi è innamorato ed è ri-amato sa di cosa sto parlando, ma chi non vive a Roma, ignora di quale corpo è bene munirsi contro il corpo della folla capitale.
C’è da dire poi che imparare ad ‘essere un corpo’ insegna un po’ più di indulgenza verso se stessi, è insegna altresì che poca cosa è il peccato originale e che si può sempre perdonare con un peccato veniale…come ho fatto io.
La ricetta è di Sophie, anche se io ignoro chi sia. Fatto sta che con la sua torta mi è piaciuto sviluppare il mio inno alla bellezza della carne e delle sue tentazioni sfrontate: cioccolato e semi di papavero per il dolce dal ‘corpo più etereo’ che c’è.
Tutto lievita ‘miracolosamente’, in assenza di farina, grazie alla forza dei tuorli e albumi montati separatamente e riconciliati subito dopo come spirito e materia in un corpo solo. E nessun peccato ci sarebbe, molto probabilmente, se non fosse per una spessa copertura di cioccolato fondente con cui corrompere asceti e penitenti di professione.
Ecco allora per chi avesse voglia di perdonarsi qualcosa o riconciliarsi col tutto, io consiglio vivamente di trovare una soluzione, con se stessi… o con l’aiuto di Sophie.
Ricetta della Torta di semi di papavero di Sophie, tratta da La cucina ebraica di Clarissa Hyman
Ingredienti, per la Torta:
- 6 uova, tuorli e albumi montati separatamente
- 160 gr di zucchero (io quello di canna)
- 160 gr di semi di papavero (non necessariamente tritati)
- 50 gr di noci tritate
- 50 gr di uvette
Ingredienti per la copertura (io 100 gr di cioccolato e di burro):
- 200 gr di burro (evitare quello salato)
- 200 gr di cioccolato fondente
Procedimento:
- Riscaldare il forno a 180 °C
- Ungere e rivestire una teglia da 26 cm di diametro con carta da forno
- Montare gli albumi a neve e aggiungere metà quantità dello zucchero, continuando a mescolare. Riporre tutto in frigo.
- Montare i tuorli con lo zucchero finché non diventeranno di colore chiaro.
- Aggiungere 4 cucchiai di cioccolato fuso con un cucchiaio di burro
- Amalgamare i semi d papavero, le noci tritate e l’uvetta
- Incorporare metà degli albumi mescolando dal basso verso l’alto fino ad esaurimento.
- Versare tutto in una tortiera e infornare per 40-50′.
- Sfornare e lasciar raffreddare.
- Sciogliere a bagnomaria il cioccolato e il burro e non appena si sarà raggiunta la giusta consistenza ricoprire la superficie della torta con il cioccolato
guai a te, cara Laura, qualora avessi ammesso di avere un corpo e, ancor più, di essere corpo nel medioevo! Ma poiché nel medioevo non siamo e corpo rimaniamo, per quanto talvolta sia difficile ammetterlo (e talora per altri troppo facile!), allora che si impari ad usarlo, gestirlo e rispettarlo per come è giusto che sia. Mi capita, alle volte, di abbandonarmi fin troppo alla consapevolezza di esser corpo ed aver corpo specie quando questo sembri urlare a gran voce il bisogno imprescindibile di riposo. Altre volte ancora, invece, l’intelletto e la razionalità prevalgono sui bisogni corporali, nonostante, alle volte, tali bisogni siano più che necessari per quietare l’animo. La mamma, d’altro canto, decide di cedere al suo essere corpo concedendosi, ogni sera, giusto un pezzetto di cioccolato (cioccolato crudo…qualora tu non lo conosca, conoscilo!) poiché sostiene imperterrita che questo sia il rimedio a tutti i mali e che non ci sia niente di più vicino, concettualmente, all’idea di corpo: e allora è necessario che queste due parti si riuniscano insieme, o no?
Ecco, la torta di Sophie, della quale anche io ignoro l’identità, penso che sarebbe più che approvata dalla mia mamma, che fonda la sua filosofia sulle virtù e i benefici che il cioccolato può fornire allo spirito.
Un abbraccio grande, Marta!
Marta!Ma quanto è bello leggerti!Mi hai convinta ancor di più sul rimedio del cioccolato raccontandomi del piacere di Mimma e del cioccolato crudo… (non lo conoscevo, mea culpa!rimedierò!) Delle volte la virtualità mi trasporta nel mondo delle parole facendomi sentire d’aria e così mi viene voglia di essere corpo e sentirmi corpo con tutti i suoi difetti e le sue peculiarità senza inganni. Mi piace che questa zavorra mi riconduca con i piedi a terra facendomi sentire ‘umana troppo umana’ con estremo piacere e senza cenni di debolezza. Ogni inno alla bella stagione dovrebbe essere un inno al corpo. E tu mi raccomando assecondalo più che puoi che tanto è lui il protagonista di ogni lettura e studio che più ci ha appassionato! Ti abbraccio bella Marta!
Mi piace questo approccio, non ci sono oli al posto di burri, non ci sono insalate al posto del pane… Io, ammetto, non ho un gran rapporto con il mio corpo… nonostante i buoni propositi- sempre il lunedì, sia chiaro- sono molte di più le volte in cui mi arrendo beata ai piaceri che la “nostra” Sophie qui ci propone.. Una torta interessantissima Laura… me la immagino ancora più buona arricchita con qualche spezia, magari di un po’ di noce moscata. Sempre che Sophie non me ne voglia.
Bravissima era esattamente quello che intendevo dire 🙂 hai notato che oggi siamo circondati dal prefisso ‘senza’? ‘senza burro’, ‘senza pane’, ‘senza condimento’, ‘senza responsabilità’, ‘senza vita’, ‘senza gioia’ insomma ma quand’è che il mondo ha deciso di procedere per sottrazione? e allora ecco che la torta di Sophie mi è sembrata perfetta col suo numero esagerato di uova e la spessa copertura di cioccolato per invitare i puri di cuore a compromettersi con qualcosa di serio!
Io adoro le persone come te i cui buoni propositi hanno la vita breve del solo lunedì!Bravissima continua così!;-)
Sono rimasta a lungo a guardare il bellissimo ramo fiorito che fa bene al mio spirito, ma i miei occhi mi tradivano ogni tanto guardando la bella torta sulla destra. Anche il corpo vuole la sua parte…
Delle volte bisogna far pace con il corpo, perdonarsi e perdonarlo… in quei momenti una fetta di torta è una festa sia per il corpo che per lo spirito. Un momento di tranquillità e di pace, perché poi la con la quotidianità scopri che è meglio essere invisibile. Il metro non fa parte della mia quotidianità, ma ho fatto questa esperienza. Amo più portare il mio corpo sotto la pioggia oppure lasciarlo schiaffeggiare dal vento. Però, tante volte non si può scegliere…
Sentiti leggera come questa torta e serena come il ramo fiorito che apre questo post, porta il sole negli occhi anche nei momenti della monotona quotidianità!
Un grandissimo abbraccio,
Ulica 🙂
E io lo sapevo che la tua attenzione sarebbe rimasta impigliata su quel ramo fiorito 🙂 e mi fa piacere sapere che da lì ti è arrivato il profumo denso del cioccolato cara Ulica!Io penso che imparare a perdonarsi sia un modo per imparare ad amarsi sul serio e vivere in pace con se stessi. E un corpo sotto la pioggia o schiaffeggiato dal vento ha in effetti più opportunità di tornare a sentirsi natura di tutti quei corpi ‘superflui’ che non amano più ‘sporcarsi’ con la quotidianità 🙂 Ti abbraccio fortissimo anch’io, cara e sempre più cara Ulica!
la foto coi tuorli dell’uovo è strepitosa, c’è la vita dentro! e bellissimo anche tutto il resto, la leggerezza che è pura poesia, la leggerezza di chi sa parlare come se ogni parola fosse un tintinnìo allegro e scinitllante. e quei rami fioriti così pieni di grazia, si sa, fanno parte di un tronco con solide radici.
p.s. a proposito di metro b, meno male che ieri siamo uscite con anticipo, perchè per motivi di sicurezza la corsa si è interrota a castro pretorio. così la povera Ingrid, con le sue gambette piccoline e tenaci, ha camminato fino alla stazione, perchè di bus manco l’ombra…ci abbiamo impiegato più di venti minuti, poveretta! ma eravamo così felici… 😀
Valentina cara, io il tintinnio allegro e scintillante l’ho visto negli occhi e nei ricci di Ingrid e anche in questo caso la sua bellezza, secondo me è generata da un tronco che ha solide radici!:-) Se poi mi dici che la piccola ha camminato per la durata di un’intera fermata, si capisce benissimo quale donna tosta diventerà da grande, di quelle che piacciono a noi!Noi, ‘zii’, siamo sempre qua e vi aspettiamo a braccia aperte!
Buffe scoperte si fanno da grandi! E qualcuno dovrebbe pur informarci di tutto ciò. Spiegarci quantomeno le reali conseguenze.
Certo, se poi, mi soffermo sulle tue, allora, spalanco gli occhi e sorriso di cuore.
Mi piace questa continua sintonia. Ingredienti che si mescolano, innescando sensazioni differenti. Mi piace la magia dello zucchero a velo che sembra imbiancare la tua stanza.
Sono certa che il corpo ne trarra’ solo giovamento dopo aver gustato una fettona della tua torta.
Buona settimana Laura e a prestissimo…
Hai visto come circolano gli ingredienti da una cucina all’altra?:-) e si che quando ho visto la tua torta ho avuto proprio la sensazione che ci fossimo passate il cioccolato attraverso un passa vivande!:-) E allora riflettendo sulla cosa dal punto di vista di un corpo, ho capito che il nostro ha le idee molto chiare sul da farsi e sa coccolarsi senza sensi di colpa… ecco mica è poca cosa!:-) Ti abbraccio forte forte!
Ogni volta che vengo qui mi perdo….il mio di corpo rimane imbrigliato tra la lettura superba delle tue parole e gli sguardi commossi alle tue foto. E se come credo sei brava con cioccolato e semi di papavero quanto sei brava con parole e scatti questa torta sarà sicuramente un’elegia dolcissima del cioccolato!!
Piccola curiosità: sei anche tu di questo angolo di città? Possibile che in qualche momento i nostri corpi si siano ignaramente incrociati sulla metro B?
Con profonda ammirazione e incanto …
Debora mi sa che l’angolo di città è lo stesso se a disegnarlo per tutte e due è la metro B!!:-) Bisogna solo capire quale distanza o vicinanza ci separa!Però ti do qualche indizio: io sono quella che si aggira con un cappotto verde pavone e guarda con gran curiosità chiunque guardi con altrettanta curiosità un cellulare. Se posso sorrido a chi è vivo sul serio, anche quando sono più stanca e se leggo anch’io, sulla metro, trovo che Ascanio Celestini sia lettura perfetta!:-) Ecco adesso che hai tutti gli indizi, mi guarderò attorno con maggiore attenzione cercandoti o aspettando di farmi trovare 🙂 Quanto alla torta, visto che non è mio merito ma di Sophie, posso dire senza timidezza che è buonissima!:-) Ti aspetto nel primo vagone!
Questo discorso sulla materia ‘prima’ di cui siamo fatti mi appassiona e dirige il mio spirito verso i ricordi di me ragazza. Sai, pur essendo sicura di me, o meglio, pur avendo appreso che a galla alla fine ci riesco a stare, l’immagine che lo specchio mi regala non è sempre ‘familiare’, spesso scomoda, goffa se vogliamo. E se è vero che quel gambero che io tanto adoro una sera nell’osteria dei black-out mi disse ‘ma stai così bene!’ scatenando in me una sorta di riflessione sulla nostra immagine fisica di rimando, posso dire cara amica mia, che ciò che noi vediamo, sentiamo e pensiamo non sempre corrisponde a quello che in realtà siamo. E che per quelle come noi, che pensano e leggono e ripensano, sarà difficile conciliare le due parti, quella materiale e quella spirituale. Resteremo intrappolate in giochi di rossetti, decollete e diete a base di proteine, restando però ancorate alle nostre rotondità, ai nostri spigoli ormai smussati, ai plaid e alle gambe rannicchiate sul divano. In realtà sarebbe bello vivere senza specchi, bastarsi senza misurarsi. E questa ricetta confortante, goduriosa è bellissima, solida, certa. Sicura di se come dovremmo esserlo anche noi, a prescindere da tutto!
Alessia bella, io dico che uscire dall’osteria del black-out e dirigersi a Via dei Giubbonari per i filetti di baccalà la dice lunga su quante cose ci fanno stare bene insieme e sentire in pace con noi stesse e la parte più ‘corporea’ di noi!Però dopo tutto questo tempo da quella sera, ho fatto interessanti scoperte: con succo di zenzero (molto purificante!) e un buon rossetto sfacciato possiamo conciliare tutto, anima e corpo!Io in questi giorni andrò avanti così sperando, di essere perfetta per ‘gondole e degustazioni’ del momento!;-) A prestissimo!!!
Io invece ho creduto, per molto tempo, di avere un corpo “scomodo” per poi scoprire che dentro di me esisteva una mente, una spiritualità in attesa di essere coltivata e cresciuta. Il problema era che il corpo comandava sulla mente, non mi faceva mangiare, lo specchio era il mio migliore amico/nemico e l’unica cosa che volevo era essere accettata per il mio “corpo”. Ma poi la mente si è fatta sentire, si è approcciata al mio corpo e l’ha preso per mano. Ogni tanto bisticciano, ma è giusto così. E quando il piatto della mente pesa un po’ di più il cioccolato riequilibria le cose. È così! Quindi mi piace pensare che questa torta ti sia servita per riconciliare anima e corpo! Spero ti abbia strappato un bel sorriso!
Francesca cara, è che noi ‘ragazze’ siamo un po’ miopi quando la nostra immagine si riflette in uno specchio… ma questi sono momenti che capitano e fortunatamente si superano e io sono sicura che questo sia accaduto anche a te, che non hai nulla di ‘scomodo’ e in più hai un bellissimo sorriso 🙂 Quanto al cioccolato, hai capito benissimo può riconciliare anima e corpo in modo meraviglioso!Ti abbraccio!