Il sentimento di tragedia che si impossessa di due amanti al momento di un inevitabile congedo può essere straziante, anche grazie a tutta una retorica di parole, salvata a memoria negli anni, e che all’occorrenza può assicurare una gran bella figura. Ma a seconda dei casi. E a seconda delle parole.
“Non ci rivedremo che nell’eternità?”
Erano le mie parole preferite. Non che io le abbia mai dette ad anima viva. Per decoro no, ma pensate si.
Era ai tempi dell’università, fino al giorno in cui qualcuno mi disse che l’eternità può durare anche solo un minuto. E allora in quello stesso minuto anche l’eterno ha vacillato, perdendo quota e tutto il suo fascino.
“Chissà forse un giorno ci rivedremo…”
Era invece nel personale repertorio di mia madre. Con questa frase diventò addirittura celebre in famiglia, tra gli amici di famiglia e sicuramente tra tutti i posteri che in famiglia arriveranno.
Se ne servì con scarsi risultati, e con poca convinzione, nel giorno in cui tentò di lasciare mio padre, fino al giorno in cui invece decise di sposarlo.
Per l’occasione diventò più riflessiva e parca di parole, perciò si limitò a un ‘si’. Quel minuto monosillabico diventò l’eterno che tuttora dura senza perdere quota, né il suo fascino.
Ad ogni modo esattamente con questa ‘forma mentis’, proprio io, non potevo rimanere indifferente alle parole che Marion Cotillard, al termine di un convegno d’amore, rivolgerà al suo cinico seduttore.
Brevemente però: Lui è Max Skinner né un intellettuale né un poeta a cui di tanto in tanto ‘sovvien l’eterno’. E’ più che altro un broker e, in quanto tale, vive nello stretto giro di minuti che il mercato azionario impiega a compiere vertiginose curve di livello.
Brividi da montagne russe che lui gestisce con eccitazione e compiacimento, soprattutto nella corsa dei secondi per vendere e ricomprare azioni, ‘guadagnando’ soldi sul tempo. Una vita da ‘velocista’ insomma, ma anche da ‘rapace’ se qualcosa ostacola la sua corsa verso il nulla.
Sarebbe il caso di tenere a distanza tipi del genere e, infatti, chi vuole fargli un complimento, lo insulta. Lui però non si offende: perché il segreto del suo successo è proprio nella ‘cattiveria’ che ostenta come una competenza, e in cui sa di essere imbattibile. Una vera soddisfazione, insomma.
Ecco c’è da dire che per un personaggio del genere io avrei preferito un attore dai lineamenti più affilati, una bellezza algida, una magrezza da asceta, e non un ‘gladiatore’ in cravatta come Russell Crowe. Giusto per dire una mia idea della cattiveria fatta persona.
Ad ogni modo considerando che il film non vuole essere un capolavoro, passi pure Rossell Crowe e passi pure tutto il resto. Se non fosse che tutto il resto arriva nel momento in cui Lui, Max, torna nel luogo eterno della fanciullezza dove pare che il tempo si sia fermato e dove sembra possibile addirittura avere il tempo di innamorarsi.
Tutti hanno avuto luoghi del genere, in cui qualcuno ha provato addirittura a insegnarci come non farci fregare dalla corsa dei minuti inutili e conquistare altro, magari l’eterno. Max ad esempio avrebbe dovuto impararlo grazie a Henry, uno zio che per più di un motivo, oltre a quello per cui ho visto un film con Russell Crowe, è il calco meraviglioso di mio nonno Osvaldo. Giusto per dire che anche io ho avuto un infanzia incantata e un maestro in fatto di eternità.
E non è un caso che proprio nel luogo incantato dell’infanzia, con la tipica luce ocra della Provenza e dei bei ricordi, Max incontra Lei, Fanny Chenal. Veramente la investe con la sua macchina e, coerentemente alla sua indole, neanche se ne accorge.
Lei, tuttavia, è francese e indomata quanto basta per sbaragliare la scarsa immaginazione di lui e le sue frasi fatte. Così nel breve istante che Max si concede per pensare di essere finalmente ‘normale’, e vivere tutto l’eterno che gli resta con lei, dice l’unica cosa che era meglio tacere:
“Questo posto non è adatto alla mia vita!”
E lei, che pur essendo sprecata per lui prova a farlo riflettere, dice una cosa ovvia e tanto illuminante che ha fatto riflettere anche me e che ricolloca i minuti e tutta l’eternità esattamente ognuno al proprio posto senza invasioni di campo:
“E’ la tua vita che non è adatta a questo posto” – dice Lei.
Insomma sembrerà banale, ma in effetti è inutile cercare la magia di nuovi mondi se non si è disposti ad adattarsi proprio a questi. E’ il principio della montagna e di Maometto: se non è uno che va dall’altro dovrà per forza succedere il contrario se si vuole fortemente che qualcosa accada.
Altrimenti che si parla a fare?
Meglio allora diventare più riflessivi e parchi di parole. Come successe a mia madre quando si limitò a un ‘si’ e quel minuto monosillabico diventò l’eterno che tuttora dura senza perdere quota, né il suo fascino. E dura ancora e soprattutto nella mia testa e nel luogo in cui desidero fermarmi. E fermarmi per sempre e non più solo saltuariamente o a parole.
Perché ad esempio in questo posto ho notato che anche la ‘solita pizza’ non è più la solita pizza. Forse perché è felice, anche la pizza.
A questo proposito ogni tanto mi accorgo di un’altra cosa: tra le mie ‘ricette e vicende’ non mi capita mai di cercare cose troppo lontane dalle abitudini come dai ricordi, forse per pigrizia forse per memoria. E’ come se retorica e repertorio di famiglia fossero anche qui.
Una pratica che potrebbe rivelare una tendenza passiva a ‘restare nella propria zona di confort’, e forse è così. A me, però piace di più inquadrare la questione dal punto di vista di chi ama ‘curare il proprio orticello’ e basta. Non mi sembra un limite. Mi sembra una cosa intima.
Ecco perché allora ripropongo la solita pizza di sempre, che ultimamente però non è più la solita pizza di sempre da quando ho cominciato ad adattarmi alla vita che preferisco. Penso che anche il lievito madre se ne sia accorto.
E non si tratta tanto di farina, purché biologica e con un solo zero che è quello che da queste parti, passa il supermercato di campagna: senza sofismi e nel rispetto dell’elementarità delle cose semplici. Siano sempre lodate!
La novità forse è nella forma delle cose che, in alcuni casi, cambiano anche di sostanza: e anche alla pizza è successo!
La novità forse è nei procedimenti delle cose che, in alcuni casi, cambiano anche di forma oltre che di sostanza: e alla pizza è successo anche questo.
E insomma stendere l’impasto il più possibile solo per rivestire un’intera teglia, è una cosa che non faccio più, semplicemente per rispetto delle bolle in superficie.
Mi ‘accontento’ così di una pizza tonda, più piccola e più buona grazie al piacere del cornicione alveolato di cui non pensavo di poter diventare l’artefice.
Ma in questi casi, come in altri di cui si è artefici – dico – sarà giusto dire: “Mi accontento”?
Ricetta Pizza con Licoli
Ingredienti impasto (dose per due pizze tonde; 4 persone )
- 100 gr di licoli rinfrescato
- 500 gr di farina 0 + un po’ per 3 giri di pieghe
- 250 ml di acqua
- 10 gr di sale
- 30 ml (+ un po’ per ungere la teglia e stendere l’impasto) di olio evo
Ingredienti per il condimento:
- 250 ml di pomodoro già pronto (salsa di pachini)
- 1 mozzarella grande da 350 gr
- due manciate di olive tagiasche
- 6 lazzaretti
- due cucchiai di origano secco
- basilico fresco
- olio evo qb
Procedimento:
- Sciogliere nella planetaria il licoli rinfrescato nell’acqua.
- Versare la farina e lavorare l’impasto con il gancio non troppo a lungo.
- Non appena l’impasto sarà amalgamato, anche se ancora appiccicoso, aggiungere sale e olio.
- A questo punto prendere ad impastare ad una velocità più alta finché l’impasto non risulterà ben incordato.
- Lasciar lievitare per 1h in un luogo asciutto e al riparo delle correnti.
- Dopo questo tempo, l’impasto risulterà aumentato di volume e la consistenza sarà ancora appiccicosa.
- Sul un tagliere, ben infarinato, rovesciare l’impasto e, con l’aiuto di un tarocco dividerlo in due parti per cominciare l’operazione delle piegature.
- Durante questa operazione aggiungere un po’ di farina ogni volta che la superficie dell’impasto risulterà umida al tatto.
- Tra una piegatura e l’altra (almeno tre in genere) lasciar trascorrere 10’ di riposo fino a raggiungere una consistenza più spessa e soda. A questo punto collocare i due panetti in due ciotole, spennellare sulla superficie l’olio evo, coprire con un telo pulito e lasciar lievitare dalle 3 alle 6h, fino al momento di infornare.
- Almeno 1h prima di infornare, accendere il forno alla massima temperatura.
- Stendere ma non troppo i panetti in due teglie rivestita di carta da forno e ben oliata.
- Fare attenzione, in questa fase, a non strappare l’impasto: per tirarlo bene, infatti sarà necessario ungere le mani e la superficie della pasta.
- A questo punto condire con tutti gli altri ingredienti, lasciar riposare altri 30’ e infornare.
- Dopo circa 10-15’ max, non appena la pizza risulterà ben dorata, sfornare e porzionare con una rotella taglia pasta.
Tu sei unica. E quella pizza uno spettacolo della natura
Alice 🙂 no, non credo di essere unica anche se mi fa piacere tu me lo dica! 😀 In realtà penso piuttosto di essere stanca e desiderosa di trovare uno spiraglio di quiete… ovviamente ci sto lavorando così tanto che l’ho addirittura chiamato piano B. Ti anticipo solo che sulla ‘carta’ potrebbe funzionare ma i dettagli per quando riusciremo a incontrarci!;-)
Trovo anch’io che la rappresentazione iconografica del personaggio di Russel avrebbe richiesto un attore più dichiaratamente contrastato, almeno nei tratti, ma alla fine se così fosse stato, non sarebbe sembrato possibile che adattasse come avviene la sua vita al luogo no? Perché alla fine lo fa, e la cosa è credibile proprio grazie al fatto che forse era poco credibile come broker, chissà forse l’errore era stato iniziale e aspettava la correzione no? In ogni caso il luogo sarebbe perfetteo per la mia di vita.
Lara se al luogo si adatterebbe benissimo anche la tua vita, allora penso che io e te stiamo attraversando la stessa fase con le idee molto chiare sul da farsi 😀 Io ti auguro di riuscire al più presto, nel mio caso mi sono data un tempo brevissimo che presto arriverà!;-)
Non so se mi sia piaciuto di più l’articolo o la pizza. Tutti e due.
E’ un piacere leggerti.
Milena 🙂 il fatto è che in entrambi i casi mi riempi di gioia! La pizza in effetti era buona e l’idea di condividerla insieme a tante riflessioni che ultimamente mi accompagnano ha fatto un gran piacere anche a me!:-D Un abbraccio!
Ho letto d’un fiato, godendomi tutte le tue parole e la profondità che le sostiene. Complimenti Laura, post delizioso come la pizza. <3
Ciao Simona, grazie mille 🙂 quando scrivo i pensieri che ultimamente si affollano nella mia testa c’è sempre un momento di esitazione per il modo in cui potrebbero essere recepiti dall’altra parte. Poi arriva un messaggio come il tuo e sono felice 😀 Grazie ancora e un abbraccio!