L’idea del ‘tutto’ | Ricette e Vicende

A volte nel rimpianto della totalità che non riesco ad essere, mi capita di assemblare un’insalata.

“Almeno Lei, l’insalata, sarà felice di essere ‘tutto’ o, almeno, di tutto un po’” – Penso.

E in questi casi mi consola sempre il bello di una porta aperta sull’orto, soprattutto quando quel che si raccoglie si mangia: una specie di regola aurea che si rispetta. Così esco dalla cucina e raccolgo un po’ d’uva senza avere le idee molto chiare.

Mia madre, invece, non mi consola mai. Al telefono precisa che un’insalata è un ‘companatico’ come la chiamava sua madre e la madre di sua madre. Per convincermi dell’ovvio, riesuma tutte le generazioni di donne che mi hanno preceduta, ma sia lei che tutte le altre in coro non mi convincono del fatto che un’insalata sia solo una piccola parte del tutto che sto cercando.

Da quando questa estate abbiamo alzato la vecchia vite, pazienza e pioggia ci hanno regalato ‘tutto’ quello speciale pergolato carico di grappoli pendenti, meglio di lampadari, proprio dietro casa. E se non fossero seguiti pomeriggi di sole, raccolta e tostatura non ci sarebbe stata provvista di noci per ‘tutto’ il prossimo inverno.

Quanto all’insalata io la chiamo misticanza, perché soprattutto in questi giorni non è mai soltanto una questione di rucola e basta, ma di un tutt’uno tra fiori di rucola e piccole biete tenere e dai toni di giallo e vermiglio.

Così rimugino su questa idea del tutto che è sempre a monte delle singole cose e che un grappolo d’uva, una manciata di noci e un mazzolino di insalata in qualche modo, insospettabile, raccontano: tutta in segmenti di giorni diversi e in un piatto unico.