Si tratta di un dolce povero della tradizione pescarese dal cuore ‘sbriccioloso’ di uova e mandorle dolci e dalla croccante copertura di cioccolato fondente: io direi che il suo sapore è onesto e timido a dispetto dell’apparenza ‘generosa’ ed elegante al tempo stesso.
Nella pancia del Parrozzo: Pescara e il Poeta. Pescara è la città che spesso fa da sfondo ai miei racconti e ricordi più cari. E’ la città in cui sono nata e mai vissuta e, malgrado mio nonno mi ripetesse continuamente “Pescara è la tua città”, io a Pescara ci sono stata sempre e solo di passaggio. Un vero peccato per me e mio nonno che stavamo così bene insieme!E poi c’era il ‘Poeta’: ogni volta che lo sentivo nominare io pensavo che essere di Pescara fosse bello anche per questo, perchè lì c’era nato anche ‘quel’ Gabriele D’annunzio “che non era proprio uno qualunque”, mi spiegava mio nonno. E allora io rimpiangevo per più di un motivo l’occasione mancata di non poter vivere lì a Pescara dove sarei stata vicina al Poeta e a mio nonno e tutti avremmo vissuto appassionatamente insieme. Di Pescara, mi spiegava mio nonno, era anche il Parrozzo: lo trovavo sotto il suo albero quando a Natale andavo a trovarlo e pare che proprio il Parrozzo fosse piaciuto talmente tanto anche al Poeta, che quel nome gliel’avesse dato lui in persona dopo il primo assaggio! Ecco è andata così che nel mio immaginario io, il poeta, il parrozzo e Pescara abbiamo preso ad avere più di qualcosa in comune: un legame forte e d’identità reciproca in cui riconoscermi a dispetto della distanza e di un destino beffardo che avrebbe continuato a separarmi dalla mia città. Così oggi prima di fare l’albero ho sfornato il mio primo parrozzo perché ho pensato che forse nella sua pancia avrei ritrovato tutte le immagini vere e fantastiche di questa storia e così è stato.
Nella pancia del mio parrozzo oggi c’erano anche delle nuove storie che hanno reso il suo sapore più fresco e buono: c’erano ad esempio le mandorle fresche e il profumo dei limoni di Elisa che ho avuto la fortuna di poter conoscere in occasione di una sua sortita nella capitale. Questa è la storia dei miei contatti che l’esperienza del blog mi regala, dando un volto e consistenza vera all’amicizia che riesco a ‘praticare’ nel web. Mi piace che nel parrozzo del mio passato più dolce e primitivo, ci sia anche il mio presente dinamico ed entusiasmante fatto di incontri e amicizie possibili a dispetto della distanza.
La ricetta del Parrozzo abruzzese
Ho trovato la ricetta più vicina a quella originale qui per la presenza tra gli ingredienti, dell’olio d’oliva così in uso nella produzione dei dolci abruzzesi. Un’altra piccola variazione l’ho apportata alla miscela di farine stabilendo in percentuale maggiore la presenza del semolino rispetto a quella della farina bianca, per assicurarmi un bel colore giallo paglierino come era nei miei ricordi. In assenza di mandorle amare ho aggiunto un po’ di liquore all’amaretto. Per rendere più golosa la copertura, mi sono invece ispirata alle dosi trovate sul Ricettario di Anna, che prevede l’aggiunta del burro nella glassa al cioccolato: il risultato sarà una copertura più aderente alla superficie del dolce.
Ingredienti per la glassa: 200 gr di cioccolato fondente; 100 gr di burro.
Ingredienti per il Parrozzo: 220 gr di zucchero semolato; 3 cucchiai di olio d’oliva; 150 g di mandorle dolci macinate con la buccia; 150 g di farina bianca o semolino (o una miscela dei due: io 130 gr di semolino e 20 di farina 00); 7-8 mandorle amare (1 cucchiaio di liquore all’amaretto); 6 uova; un pizzico di sale; scorza grattugiata di limone (o arancia).
Procedimento: in una terrina montare i tuorli con lo zucchero, fino ad avere un composto spumoso, unire le mandorle tritate e, in seguito, la farina e/o il semolino, alternandole tra loro e facendole cadere a pioggia da un setaccio; per ultimo unire l’olio. Montare gli albumi a neve e aggiungerli delicatamente al composto; versarlo nella tortiera (uno stampo da zuccotto semisferico) imburrata e infarinata e passare in forno a 160-170°C per 40-45 minuti, facendo la prova dello stecchino per verificarne la cottura, ma non prima del tempo richiesto poiché il composto, se si apre il forno prima del tempo, tende a sgonfiarsi. A cottura ultimata, estrarre il dolce dalla tortiera e lasciarlo raffreddare completamente. Tagliuzzare il cioccolato fondente e farlo sciogliere a bagnomaria; aggiungere il burro e mescolare finchè il composto non risulterà liscio e omogeneo. Versarlo sul parrozzo e stenderlo uniformemente sul dolce con una spatola.
E se si vuole entrare un po’ di più nel vivo delle mie tradizioni, sarà bene servire il parrozzo con l’Aurum, un liquore pescarese, con una gradazione alcolica di circa 40° a base di brandy ed infuso di arance. E’ un liquore che si sposa molto bene con il parrozzo in particolare. Il nome deriva dal termine latino aurantium, che vuol dire arancio, e attenzione pare che anche per questo nome ci sia stato lo zampino del ‘Poeta’…sempre lo stesso ovviamente!
l’ho mangiato anni fa e ne ho un golosissimo ricordo, quasi quasi lo rifaccio ! Buona domenica, un abbraccio…
laura, non immagini che regalo mi hai fatto con questa ricetta! i miei hanno una piccola casa per le vacanze a pescasseroli (se non sbaglio te ne avevo accennato) e comunque da sempre frequentiamo l’abruzzo e siamo matti per il parrozzo! ecco che posso fare loro una bella sorpresina per Natale, che bello! :))
p.s. andiamo matti pure per i bocconotti, così, tanto per fartelo sapere…;)
p.p.s. volgiamo parlare della bellezza che sempre mi tiene rapita de “la pioggia nel pineto”? …
Chiara
E’ uno di quei dolci ‘insidiosi’ ne mangi una fetta dopo l’altra e ti accorgi che è finito quando è troppo tardi… insomma un parrozzo solo è sempre poco!:-)
Valentina
Cara mia 🙂 ‘La pioggia nel pineto’ è stata l’unica fregatura: ho sempre pensato che il caro poeta si fosse ispirato alla pineta pescarese e invece no, quella proprio no
🙁 peccato è una delle mie poesie preferite 😉 Anch’io ho già detto ai miei che a Natale mi presenterò col Parrozzo tanto è venuto buono e loro in cambio mi faranno trovare BOCCONOTTI 😉 e si quelli sono delle zone in cui ho sempre vissuto e non mancherò di sperimentarne una mia versione… ecco te la butto lì, se vuoi li proviamo insieme 🙂 Ti mando un grande bacio, sono felice che il parrozzo ti piaccia!;-)
Ti è riuscito benissimo. Anche io l’ho mangiato tante volte, ma l’aspetto
del tuo parrozzo è molto piu bello, infatti, sembra umido al punto giusto e
quella glassa al cioccolato è corposa, a differenza di quelli confezionati, che
sono ricoperti da un sottilissimo velo di cioccolato che a contatto del
coltello si sbriciola tutto.
Belli i racconti nascosti nella pancia dei parrozzi antichi!!!!!!!
Ma molto bella è.anche….la pancia del tuo parrozzo oggi.
Cara amica, che piacere ritrovare il Parrozzo. In privato ti ho chiesto di regalarmi un pezzo di Abruzzo in previsione delle feste natalizie per riproporle a Lugano. Il Parrozzo mi sembra un ottimo suggerimento, chissà se riuscirò …. al max, ti chiederò di mandarmene uno per posta. Sei stata bravissima ed hai superato (come spesso accade) le aspettative della cucina, della narrazione e della tua infinita e magica essenza. Il tuo Parrozzo è più bello del tradizionale, ha un movimento delicato nelle onde del cioccolato con il desiderio di tuffarsi dentro per perdersi nella dolcezza …che meraviglia. Grazie per avermi fatto sognare ed immaginare il mare di Pescara in inverno, affascinante e dolcemente malinconico.
Antonella
E si quelli confezionati tendono a seccarsi più facilmente, la bontà di questo risultato invece sta nella ‘spugnosità’ della pasta pur non risultando umida. I racconti nascosti nella pancia del parrozzo sono infiniti… la pancia del parrozzo ad esempio dice molto della pancia di mio nonno: abbracciarlo era impossibile ci si poteva appoggiare sulla sua enorme pancia che lo rendeva ai miei occhi maestoso esattamente come lo è nell’apparenza un parrozzo ricoperto di cioccolato!
Nenè
Cara Bionda 😉 per un attimo ho dimenticato che Pescara era la città delle fughe da collegio, ero così intenta a ricordare la mia infanzia!Vorrà dire che a gennaio quando verrai a trovarmi nella capitale, perchè guarda che io già ti aspetto, te ne farò trovare uno identico a quello della foto!E’ vero la riviera pescarese ha un che di malinconico che rende il mare affascinante anche in pieno inverno!Ti mando un grande bacio e resta in agguato cercherò di pubblicare qualche altra ‘nostra’ ricetta!
Ma quanto è bello il tuo blog? 🙂 E forse ero già passata di qui…questa volta però leggo di D’Annunzio e di questo dolce che amava…potevo mica non commentare? 😀 Amo D’Annunzio e da una vita voglio andare a Pescara…ora vorrei anche assaggiare una fetta di questa meraviglia! 🙂
A presto!
Elisa
Ciao Elisa benvenuta!che bello conoscerti e sapere di verti reso irresistibile la sosta da queste parti, é inutile i pazzozzo il poeta e Pescara sono proprio un bel tris!:-) un bacio
Il parrozzo è stato approvato dai familiari napoletani, avrei solo bisogno dell’opinione di un esperto per la conferma finale. Purtroppo non avendo un contenitore semisferico per il forno sono stata costretta a farlo cilindrico, credo che questo abbia influito sul gusto, il sapore del cioccolato ha preso un po’ il sopravvento visto che in relazione alla superfice il cioccolato era di più.
PS: le tue foto sono sempre fantastiche 🙂
PPS: Buon Natale
Priscilla
Tranquilla, lascia a me il privilegio di procurartene uno adatto a certe geometrie 😉 e magari anche pieno di parrozzetti di piccola taglia… perchè a pancia piena la geometria si studia meglio!Un bacio grande grande Laura!Per le foto ho scoperto la magia di un diffusore (si chiamerà così?) e di un obiettivo a ottica fissa…ma quando ci vediamo?