Quando ho deciso di imbottigliare questa conserva tipica della tradizione francese, non sospettavo minimamente che al posto delle Alpi avrei scavallato il mio Appennino. D’altronde non ci sono mai stati, per me, tentativi di fuga così riusciti, che non mi abbiano riportato nel mio “Abruzzo fantastico”. E anche questa volta è successo.
Senza saperlo, infatti, mi sono ritrovata dentro la storia delle abitudini più antiche delle donne della mia famiglia: quando la frutta estiva era un bene troppo dolce per non essere conservato e offerto, a chi veniva in visita, come un ‘complimento’. E si, come un ‘complimento’. ‘Fare un complimento’ per queste donne sempre indaffarate e di poche parole, era un’arte da esprimere piuttosto con i fatti: si sceglievano i bicchierini più civettuoli esposti in ‘vetrina’ e con appositi mestolini si pescava la frutta conservata in barattolo. Si offriva il tutto all’ospite di passaggio che gradiva il loro ‘complimento’, senza ‘fare troppi complimenti’.
E se nella famiglia materna conservare significava ‘sciroppare’, posizionando i barattoli al sole, presumibilmente sul muretto di cemento e conchiglie a rilievo, nella casa paterna la frutta si preferiva ‘affogarla’ nell’acquavite. E questo ho fatto io, diventando per qualche minuto il calco perfetto della mia bis nonna mai conosciuta. Curioso il modo di esplorare il nuovo, scoprendo il ‘vecchio’ alle mie spalle e in questo caso si è trattato di una tradizione familiare antica e, al tempo stesso, perfetta per raccontare l’Abruzzo in tavola, attraverso il tema di questo mese: le ‘ricette estive di famiglia’.
Certo si tratta di una ricetta che rimanda la sua degustazione in inverno, ma il tempo per la sua preparazione e la frutta scelta per la conservazione parlano dell’estate. Di quell’estate ‘adriatica’ da vivere tutta d’un fiato e che per me è stata sempre e solo pescarese. Pescara, cara Pescara, la città in cui purtroppo sono solo nata e che mi ha offerto il suo domicilio solo e sempre d’estate al di là della ferrovia, dove Via Michelancelo Castagna e Via Caduti sul Lavoro s’incontrano e dove i miei si incontrarono la prima volta. Bella Pescara, la città che non sembra neanche appartenere all’Abruzzo: così razionale nelle linee degli edifici, così geometrica nel reticolo delle strade che portano tutte al mare. E forse è proprio il mare, che ai miei occhi rendeva Francavilla già Pescara, a rompere il silenzio introverso di cui l’Abruzzo è un gran produttore. In ogni caso questo Abruzzo che si conserva intatto nella mia memoria, se immerso nell’acquavite è ancora più buono!
Per chi volesse migrare dal mio racconto a quello delle altre blogger abruzzesi per entrare nel vivo anche delle loro ricette-racconto, ecco le loro ‘voci’: Martina: farro con ceci e pancetta http://blog.giallozafferano.it/ricettedilibellula; Claudia: insalata di farro con prosciutto di spalla, pomodori ciliegino, rucola ed erba cipollina http://fornellidisalvataggio.wordpress.com; Mary: Cannelloni per le feste patronali http://unamericanatragliorsi.blogspot.it/ Laura:Pomodori ripieni di farro spezzato alle erbette aromatiche http://www.essenzadivaniglia.com; Simonetta:“Gnocchi della nonna” http://acasadisimi.com/; Serena: “Pomodori arrosto” di famiglia http://verdepomodoro.blogspot.it/; Patrizia : “Peperoni e uova” http://qualcosadibuoono.blogspot.it/. E a seguire per il 30 giugno, Emanuela: Verdure ripiene “all’ingorda” http://paneburroealici.blogspot.it/
Ricetta riadattata e tratta da “Conserve” di L. e G. Laurendon
Ingredienti (dosi per un barattolo da 3 l) :
- bella frutta di stagione non trattata (nel mio caso, pere albicocche e more di gelso);
- 300-400 ml di acquavite (io ho scelto un’acquavite Nardini di pura vinaccia, riserva dal bel colore ambrato);
- 160 gr di zucchero semolato;
- 50 ml di acqua; una stecca di cannella.
Procedimento:
- lavare con cura un barattolo e sterilizzarlo in acqua bollente per 10’.
- Nel frattempo preparare uno sciroppo con acqua e zucchero, quindi portare a ebollizione e lasciar raffreddare.
- Lavare la frutta e asciugarla con cura.
- A questo punto, cominciare a riempire il barattolo con le differenti varietà di frutta creando degli strati.
- Versare lo sciroppo e subito dopo l’acqua vite fino a ricoprire la frutta.
- Chiudere ermeticamente il barattolo e riporlo al riparo della luce.
Ecco come comportarsi con vari tipi di frutta: nel caso delle ciliegie, togliere il picciolo senza denocciolarle; privare del nocciolo pesche, prugne e albicocche; dimezzare le pere togliendo torsolo e semi.
Lasciar macerare per tre mesi prima di gustare: sarà un dono gradito sotto l’albero di Natale.
Ho rivisto la mia nonna, poche parole e tanto lavoro. Lavori di molte ore, che davano la schiena a me bambina che volevo solo giocare. Forse ne ho sofferto un tempo, ma ora ne apprezzo ogni singola immagine e movimento; movimenti che ricordo e che tento di replicare (più o meno).
Di questa frutta che tutt’oggi è troppo preziosa per non essere conservata “in previsione di” ne sono innamorata, soprattutto dell’utilizzo con acquavite … sono sempe stata dalla parte del ramo materno effettivamente!
ps: l’altra volta mi sono dimenticata di menzionare anche questo libro; da aggiungere nella lista dei futuri acquisti 🙂
Martina
Ciao!Mi piace che lo scambio tra noi stia debordando anche sui libri sai?io intanto ho già aggiunta la ‘menullara’ alla mia pila di libri da viaggio per questa estate, quando il tempo della cucina si sospenderà in quello della lettura 🙂 Di questa ricetta sai cosa mi ha più colpito?Scoprire dopo averla fatta che era identica a quella di donne della mia famiglia mai conosciute: la storia che torna sui suoi passi anche a dispetto della nostra poca consapevolezza mi affascina tanto. Fai bene a ripetere le operazioni che hai visto praticare da tua nonna!un bacio!
non c’è che dire, le donne di una volta sapevano proprio come coccolare gli ospiti e la famiglia…una bellissima storia per una ricetta da salvare subito! un bacione cara
Eccola la narratrice all’opera, all’opera con le parole e con i barattoli…
Rifletto ad alta voce sul significato di “conservare”: la frutta e i prodotti della terra ma anche i ricordi, le origini, i pezzi di passato chesiamonoi… credo che qui ci sia tutto, ben sigillato, unito, mescolato e imbottigliato. E l’odore che ci viene incontro, al primo assaggio, colpisce per questo.
(ah, le more di gelso…) 😉
Chiara
e si e sai è proprio questo quello che mi piace di più il modo in cui le donne di una volta riuscivano ad essere delle laboriose ‘operaie’ della vita domestica 🙂
Francesca
e si ogni volta che parlo della mia terra sento proprio un prurito che attacca i polpastrelli e li fa correre sulla tastiera e vengono fuori immagini e ricordi anche di vita non vissuta direttamente, ma che non so per quale inspiegabile ragione è così facile da raccontare 🙂 quest’anno mi sono lanciata in un impresa di conservazione e salvataggio di tutta la frutta raccolta che ci ha aspettato a fatica sugli alberi a causa di tutta questa pioggia, è stato faticoso smaltirla e destinarla in tante preparazioni possibili che il risultato è stato un gran mal di schiena ma anche una grande soddisfazione 😀 un bacio!
E’ bellissimo il tuo post Laura..poetico…Mi piace tantissimo la ricetta che ci hai regalato! Sai, anche la mia famiglia è solita conservare la frutta estiva e anch’io ho dei bellissimi ricordi di mia nonna e della mia prozia che passavano giornate intere ad invasare visciole, pesche e pere…che nostalgia! Concordo con te che questi gesti antichi li portiamo dentro di noi, forse nel DNA, chissà…Sta di fatto che spesso ci ritroviamo a percorrere sentieri culinari già percorsi dai nostri cari e magari senza esserne consapevoli! Che bella la vita! Grazie di cuore per questo graditissimo “complimento”! Un abbraccio, Mary
Mary Vischetti
Esatto ultimamente comincio anch’io a pensarla così: ci sono delle ‘energie’ speciali che si tramandano attraverso strade inconsapevoli e per me è sempre una piacevole scoperta quando scopro di essere in contatto con un passato che per ovvie ragioni non ho fatto in tempo a conoscere 🙂 Ma quanto è bello tutto questo?Sono felice cara Mary che tu abbia gradito il mio ‘complimento’, io ho gradito i tuoi con lo stesso piacere!;-)
Ma dai, non la conoscevo affatto questa confiture e mi fa impazzire il nome 😉 Bello e affascinante il viaggio nel passato familiare…
Donatella
Visto com’è interessante questa idea?credo dal titolo, ma tu certo lo saprai meglio di me, che fosse gradita al ‘vecchio’ scapolone 😉 che a mio avviso è sempre un grande intenditore!;-)
Mi hai riportato in dietro nel tempo,un tempo antico, ma l’immagine dei vasoni
pieni di amarene con lo zucchero, continuano ad essere un ricordo sempre lucido nella mia mente. Grazie!
Dove sono stata tutto questo tempo? Il bello di essere assenti da un luogo per un po’ è tornarci e guardare cos’è successo nel frattempo…non posso non fermarmi davanti a questi grossi barattoli (mi ricordo l’anticipazione su facebook, erano insieme a mooolte altre cose buone) pieni di meraviglie zuccherine e camminare piano sulla superficie delle tue radici, che sai rendere così bene con immagini e parole. E’ proprio come dice Francesca, alle volte non si conserva solo la frutta, ma molto di più.
Antonella
😀 sono felice di averti riportata indietro!Un bacio!
Claudia
Cara Claudia, la tua assenza è sana e rara, perchè non è così facile astenersi da certi dispositivi che il più delle volte creano una dipendenza che non fa bene 🙂 questa è anche una delle ragioni di tanta mia anarchia sul web. Certo è che se tu passi a trovarmi non immagini che piacere mi fa 😉 e allora partiamo da dove c’eravamo perse: il bello di questa preparazione è nei tempi brevi brevi: giusto la sterilizzazione dei barattoli al resto pensa l’alcol… ora il brutto è dover rimandare l’assaggio!Quanto alla ricerca delle proprie origini anche quella involontaria, ho delle volte la sensazione che alcuni miei gesti siano veramente pilotati dalla presenza delle donne che mi hanno ‘anticipata’, tempo fa ho trovato una fotografia e sono rimasta a bocca aperta perché nel gruppo di donne che circondavano mia nonna ce ne erano due che erano il mio calco perfetto: viso, fisicità, gesti. Si trattava delle figlie della mia bisnonna, di lei ho sempre sentito dire che le assomigliavo molto e in effetti quella foto è diventata un’ulteriore prova dei nostri tratti comuni di cui il tempo ha fatto ‘conserva’ 😉