La questione è diventata ‘filologica’ nel momento in cui, a proposito di mandorle, mia madre al telefono ha detto: “…rimuovere dal fuoco appena si inc(g)illippano”. E cioè?
Il vocabolario veramente è quello di mia nonna Irma, nota in famiglia per il ‘fine’ conio di parole nuove, come appunto ‘inc(g)illippare’, e il cui significato non è stato mai rivelato nel corso dei suoi centotré anni di vita. Semplicemente perché le mandorle erano ‘le sue’, come le parole. E cioè di nessun altro.
Per fare mostra di una certa generosità, non faceva mistero della ricetta che anzi veniva divulgata, tra amici e parenti, pur restando inviolabile grazie ad una questione di lessico, puramente ‘personale’, come appunto: “…rimuovere dal fuoco appena s’inc(g)illippano!”
Le mandorle inc(g)illippate in questo modo rimanevano di sua esclusiva pertinenza, grazie ad un vocabolario ‘blindato’: in difesa di un metodo e di un’esecuzione che non avrebbe mai dovuto oltrepassare la porta di casa. La sua.
#Avventocondiviso
Quando Giulia mi ha invitato a diventare ‘un giorno del Calendario dell’Avvento’, mi sono sentita felice di poter dire la mia a proposito di Natale e di ricette legate al mio mondo e a tutte le sue essenziali componenti: nonni, zii e cugini.
Quello che in realtà diventavamo tutti insieme, e soprattutto a Natale, era una famiglia allargata a due strade: che ancora oggi sono un vero e proprio incrocio tra Via Caduti Sul Lavoro e Via Michelangelo Castagna e che, al tempo, furono il naturale incontro tra mio padre e mia madre.
Ed ecco che mentre il #calendariocondiviso, nato dalla bella idea di Emanuela , si infoltiva di persone e proposte allo scopo di sentirci tutti più vicini malgrado la distanza, una naturale divisione ci ha spinti tutti a prendere una personale posizione o su una portata dolce o su una salata.
“E io che faccio?” – mi sono chiesta. Un momento di esitazione c’è stato, ed è stato esattamente quello l’attimo in cui mi è tornato in mente lo stupore incredulo di Laura Ravaioli, davanti alle mandorle caramellate di Nigella Lawson.
Nonna Irma avrebbe detto: “Due passi indietro…”
Ai tempi tornavo a casa dal lavoro molto stanca, dopo un viaggio su una Pontina paralizzata, sempre, dallo stesso traffico di rientro verso Roma.
Ecco la giornata terminava sul divano in attesa di una catalessi certa, ma soprattutto davanti ai miei programmi di cucina preferiti.
Chi mi piaceva ascoltare era soprattutto Laura Ravaioli: una che mentre pela una cipolla è capace di raccontare tante di quelle storie di cucina, che uno spera che le cipolle da pulire non finiscano mai.
Proprio Laura Ravaioli, a proposito dell’ atteso arrivo di Nigella Lawson a Roma, in quella che era la nota ‘Città del Gusto’ del Gambero Rosso e delle sue scuole di cucina, raccontava delle molteplici aspettative nutrite per la ricetta che Nigella avrebbe portato con sé da Londra: una portata dolce o una salata?
E per intenderci meglio su chi fosse Nigella Lawson: un cake al quadruplo cioccolato o una spalla di prosciutto tempestato di chiodi di garofano, meglio di un brillante?
E invece quello che successe fu un’inaspettato modo di sorprendere con poco e cioè con una ‘non portata’, quasi quasi ‘un fuori pasto’ come appunto delle mandorle caramellate.
Che Nigella abbia voluto concedere poco di sé, io non l’ho mai pensato anche se nonna Irma, a modo suo, avrebbe commentato: “Non si è voluta proprio sprinc(g)ipiare!”
La verità è che in quella scelta, io ho sempre visto l’originalità della ‘banalità’ che, quando sorprende, non delude.
Così davanti alle infinite possibilità di declinare il Natale, ecco come mi sono ritrovata a caramellare mandorle e anzi a ‘incilliparle’ come tradizione abruzzese vuole.
Una chiave di lettura
Inutili sono state le ricerche filologico-dialettali e storico-abruzzesi condotte per sciogliere l’enigma dell’inc(g)illippamento.
Nessuna delle fonti consultate dice che ‘inc(g)illippare’ equivalga a ‘caramellare’ e nonna Irma lo sapeva bene quando rivelava a cuor leggero la ricetta indecifrabile.
Ma in realtà tutti quelli che ricevevano in regalo la ricetta insieme al sacchetto di mandorle, una possibilità di replica ce l’avevano: le mandorle infatti andavano tolte dal fuoco nel momento in cui raggiungevano l’aspetto ruvido di quelle ricevute in dono. E cioè non mandorle lucide e appiccicose, ma ben separate una dall’altra e soprattutto sabbiose!
E così ho fatto io: le ho tolte dal fuoco nel momento in cui le ho riconosciute nella fattispecie di ‘nocci atterrati’ o ‘sassi’, come si chiamano in gran parte dell’Abruzzo, meno che a casa di mia nonna.
Le ho così tolte dal fuoco nell’assoluta certezza che si fossero ‘inc(g)illippate’ perfettamente: ruvide e profumate così come in famiglia le abbiamo sempre conosciute.
La verità è che a noi famigliari, eredi della ricetta, qualche linea guida in più, inc(g)illipamento a parte, è stata fornita, o meglio, estorta nei momenti di fragilità e distrazione.
Prima di tutto è necessaria una pentola di alluminio: non c’è inc(g)illippamento che regga ad altro genere di pentolame. E non lo dico io, ma una che è ha vissuto centotré Natali incillippando mandorle per tutti.
A questo si aggiunge la necessità assoluta di cacao e buccia di arancio: perché le mandorle di nonna Irma non sono le stesse mandorle che, più comunemente, si possono trovare in vendita alle bancarelle nei giorni di fiera. No.
Le mandorle incillippate sono mandorle di Natale, con i profumi del Natale: di mandorla tostata, arancio e cioccolato.
A segreto rivelato, una raccomandazione: si astenga dall’incillippamento chi pensi di poter saltare la fase preliminare della tostatura della mandorla e, che al contrario, è essenziale prima del bagnetto nello sciroppo.
E così per questo Natale, così singolare e solitario, nell’impossibilità di poter offrire mandorle inc(g)illippate a tutti i miei cari, regalo non solo la ricetta ma anche la sua chiave di lettura a chiunque vorrà condividere con me le mie tradizioni e il sapore del mio Natale più intimo.
Ricetta delle mandorle “incillippate” di nonna Irma
Ingredienti:
- 250 gr di mandorle (con pellicina)
- 1 bicchiere d’acqua (100 ml circa)
- 7 cucchiai di zucchero semolato
- 1 cucchiaio colmo di cacao
- buccia grattugiata di un arancio bio
Procedimento:
- Tostare le mandorle (in padella o al forno)
- In una padella di alluminio sciogliere lo zucchero e il cacao con l’acqua.
- Non appena lo zucchero comincerà a caramellare, producendo del bollore in superficie aggiungere le mandorle e la buccia d’arancio.
- Con un cucchiaio nappare le mandorle con lo sciroppo, fino a totale assorbimento.
- A questo punto le mandorle saranno lucide e caramellate, ma non è questo il momento di rimuoverle dal fuoco!
- Con l’aiuto di un cucchiaio continuare a girare le mandorle fino alla totale cristallizzazione (incillippamento) dello zucchero.
- Rimuovere dal fuoco non appena le mandorle risulteranno sabbiose e separate fra loro, lasciar raffreddare in una teglia o vassoio.
Vorrei tanto coniare nuove parole per raccontare la gioia che provo nel quardare quella prima foto in alto a sinistra. Se ci fosse una rappresentazione moderna di Sankta Lucia, la donna ritratta in quella foto è quanto di più simile c’è alla Lucia dell’immaginario mio e di Vivi.
“Colei che porta Luce” o ” Colei che porta alla Luce” e che forse, in questo caso, gioca con la Luce, trabocca serenità e spirito natalizio tanto che ci s’incillippa il cuore in un guscio zuccherino di affetto.
Sei bella Lauretta, più di mille parole e leggere delle tue tradizioni mi riporta sempre indietro nel tempo felice della mia infanzia.
Niente mandorle per noi in Romania, perché, più che lusso erano rarità. Uno avrebbe avuto più possibilità di trovare il villaggio di Babbo Natale sui Monti Apuseni, piuttosto che inciampare su una mandorla. Di rado capitava, tra un morso e l’altro di soffice nuga cu nuci (la versione romena del torrone) di addentare una mandorla la cui provenienza era incerta e la sua presenza miracolosa come l’acqua nel deserto.
Mio marito, manduriano doc, con le mandorle ci va a nozze. Viaggia ad una media di 1 kg di mandorle al mese. Se dovesse vedere questa ricetta non avrò scuse. E così, faccio quella che ti saluta e se la squaglia. 😀
Cara Rebecka e io non so come spiegarti il fatto di sentire così vicine le tue tradizioni malgrado la distanza dei nostri luoghi di origine, ma come ti ho scritto più volte ti immagino come la più vicina amica di forchetta oltre che di storie. 😀
A questo poi si aggiunge un amore incondizionato per i tuoi luoghi e i piatti della tua tradizione gastronomica, a dispetto dell’irreperibilità delle mandorle che nel mio Abruzzo invece sono indiscusse protagoniste.
Ad ogni modo sono certa che per amore di tuo marito tu saresti capace di scovarne pure in Romania a patto di vederlo felice 😀 quindi non posso fare a meno di augurarti oltre ad un felice Natale in famiglia anche un doveroso ‘incillippamento’ 😉 Ti abbraccio forte forte!
Io AMO nonna Irma! Cioè ma che figata è sta cosa delle parole tutte sue per intortare chi si apprestava alla sua cucina bramando di carpir qualche segreto?! Spacca proprio!
Io me le vedo Lauré Irma e Gina che spignattano e se la ridono anche un po’ di noi comuni nipoti che cercano, (in)seguendo un (filo)logico percorso, di risolvere arcani enigmi….
La Gina faceva sue le parole che non le risultavano semplici, oppure i nomi propri che interpretava a modo suo… quindi Maurizia diventava ‘Mavrisia’, Mark ‘Mac’ o ‘Mar’ e così via.
Dovrei chiedere l’aiuto da casa anch’io per sapere se, quando cucinava, nonna avesse dei termini tutti suoi, che le permettessero di (man)tenere le ricette all’interno di casa sua, pur sparpagliandole in ogni direzione! Vero è che non riuscì mai a scalfire il muro del silenzio di una certa Laurina (anzi Lavrina), di mestiere levatrice, che preparava biscotti ed altri manicaretti buonissimi (a detta di mamma, io ovviamente nun lo posso sapè dato che ero assente) che andava a cuocere in rosticceria da nonna e che non diede mai a nessuno, e quando dico nessuno intendo proprio nessuno, le proprie ricette. Lo disse pure un giorno alla nonna: ”io porterò le ricette con me nella tomba” e così è stato.
Di tutte le preparazioni buonissime della Lavrina ne resta solamente il ricordo e… la leggenda.
Sono pure contenta che tu abbia accettato di essere ‘un giorno dell’avvento’, portando e condividendo proprio questa (non) ricetta qui, a dimostrazione del fatto che non servono grandi portate per sorprendere, e creare magia in cucina….
Grazie, perché, come sempre, leggere le tue vicende fa bene al cuore.
Ah! che figata ste nonne!
Miiiiizèga 103 anni! hai vita lunga ragazza!
un bacio grandissimo!
Manù.
Gina e Irma sarebbero state perfette e si sarebbero capite a volo pur parlando ognuna alla sua maniera, un po’ come noi che smantelliamo con mina che ci ‘scoppia nel cuore’ 😀
Ad ogni modo Manù io mi sono chiamata Laura perché a detta di mia madre sarebbe stato l’unico nome non storpiabile da mia nonna… anche se ‘Lavrina’ la dice lunga sul genio di tua nonna che si è spinta là dove neanche Irma è andata!:-D
E si Manù 103 anni in famiglia a tutti noi sembrano troppi e così ce li passiamo di rimbalzo sperando di non aver ereditato il suo sangue e di non avere occhi per guardare così lontano da qui. Al momento per tutta una serie di somigliante come quella di ‘contare gli gnocchi’ l’attenzione di tutti è su di me … ma chissà!
Manù bella anche io ti mando un abbraccio fortemente ingillippato di zucchero perchè sennò che Natale è?