C’era da aspettarselo che avrei perseverato sull’argomento dei gelsi. O almeno io lo sapevo: che ne avrei parlato ancora, che avrei cercato una scusa o un pretesto qualunque, magari una nuova occasione, ad esempio una ricetta, per ripetermi ancora. Ed è successo.
E’ la vita di campagna che mi rende così: un po’ ricorsiva, forse anche un po’ petulante, amante dei soliti argomenti, soprattutto se ‘di stagione’. Così succede che votata a raccogliere gelsi come fosse una crociata contro il tempo infedele, mi sono ritrovata a perdere colpi nella vita di città che è andata avanti, alimentandosi anche senza di me.
Vero è che le novità urbane, così si moltiplicano e si amplificano nella mente di chi torna, senza preavviso, alla ‘solita’ quotidianità e l’effetto, in certi casi, può che essere addirittura dirompente.
Ecco, ad esempio, che lo sceriffo sotto casa, si dedicasse anche, in mia assenza, all’attività di ‘vigile urbano’ (oltre a quella di ‘guaritore’), è stata una novità proprio difficile da comprendere, che mi ha fatto desiderare di partecipare alla prossima riunione di condominio, quanto meno per definire una strategia difensiva, ma anche una controffensiva, se possibile, per arginare la sua politica espansionistica sul marciapiede che un tempo, ormai lontano da qui, era suolo pubblico!
Per non parlare poi di quello che è successo a cinque piani di altezza dal suo bazar.
Pare infatti che l’inquilina del quinto piano si sia data ad una nuova specialità, che non è più solo quella di spostare mobili in piena notte, per assecondare con irrinunciabile affezione un vizietto di famiglia, ma anche, appunto, quella di disfarsi di resti di marmi e mattonelle, prendendo di mira il bidone dei rifiuti direttamente dal suo balcone. Certo si tratta di un’aspettativa un po’ fuori misura, per chi ama improvvisarsi senza studio e senza metodo nella pratica del tiro al bersaglio: e il bersaglio infatti l’altra notte si è lamentato! E per ovvie ragioni non si è trattato di quello che era stato preso di mira ma di un altro, mobile e più difficile a centrarsi, ma che suo malgrado, è rientrato nel margine d’errore del lancio.
Tutti i condomini il giorno dopo hanno confermato di aver udito uno di quei rari esemplari autoctoni dell’Urbe inveire, nel cuore della notte, come è nell’uso corrente contro “li mortacci” di chi di dovere e “di tutti noantri” che dormivamo ‘su le sciagure dell’artri’.
Nel frattempo in tutto questo ‘pasticciaccio brutto’ della notte scorsa, nessuno si è accorto che di giorno le gelaterie di Piazza Bologna erano diventate in egual misura vegane e vegetariane, biologiche ma anche a Km zero benché dai fruttivendoli di zona non si riesca più a venire a conoscenza della provenienza di frutta e verdura perché, tanto, tutto è a novantanove centesimi tutto l’anno e fuori stagione sempre. E che si può volere di più?
A questo, poi, si aggiunge il fatto che anche la metro B non è più quella di una volta, le fermate ad esempio non amano più fermarsi e anche il primo vagone lascia a desiderare: un tempo riservato alla civiltà delle due ruote, adesso sembra il rifugio degli ‘stravaganti’ e ‘urlatori’ di quartiere. Si tratta per lo più di personaggi facilmente individuabili se parlano da soli o ad un telefono che sembra spento.
L’altro giorno ad esempio ho avuto il piacere di incontrarne uno che in falsetto ribadiva un concetto sintetico ed esaustivo, e nella forma e nel contenuto: “Non ti rispondo!”. Ripeteva e, per essere sicuro, lo ripeteva ancora e ancora e ancora. Un’affermazione che a me è sembrata rassicurante, avendo avuto la fortuna di sedere accanto a quel ‘furioso’, sfuggito alla rassegna dei ‘soliti noti’ del primo vagone.
Non mancano certo anche maghi con trucco ma anche parrucco; politicanti pacifisti che vorrebbero la rivoluzione sociale; gli scippatori di gruppo che ci tengono alla trasparenza del furto, così ‘alla luce del sole’, e tutti quelli che ormai fanno economia nell’uso del pollice opponibile, solo e unicamente sulla tastiera dell’i-phone. Quanto ai discorsi, quelli sono sempre gli stessi e le impressioni pure: intramontabile quella su ‘laggente che nun se lava’ che è ormai assodata e condivisa dai molti, anche se questo non consente di individuare gli astensionisti al sapone.
Per il resto fortunatamente tutto procede come sempre: le studentesse della scala B riscaldano ogni sera un sugo precotto che sa di cipolle; i cani di Ambra e Silvia vanno ormai a spasso da soli, che tanto la strada di casa la ritrovano sempre; la serranda dello sceriffo precipita sul marciapiede ormai ‘di sua proprietà’ sempre alla stessa ora, come un sipario sulla mia giornata.
Ecco a questo punto della storia, sempre uguale a se stessa giorno dopo giorno, quando mi accorgo di non aver potuto contribuire in nessun modo ad un finale diverso, mi dedico almeno all’incipit del giorno dopo che deve avere a tutti costi il sapore buono di una torta a colazione.
E la torta in questione è proprio quella con cui Barbara un po’ di tempo fa ha fatto girare la testa a me e Virginia e con cui forse potrei catturare anche l’attenzione della piccola Marta, che qualche giorno fa ha giusto giusto individuato un albero ricco di gelsi da fotografare!E si perché la mia variante della torta di ricotta con i lamponi, per ovvie ragioni sono stati i gelsi.
Ricetta ispirata a quella di Barbara del blog Pane&Burro
Ingredienti: 240 g di farina 00; 170 g di zucchero (io quello di canna); 1 bustina di lievito per dolci; 3 uova bio; 330 g di ricotta di mucca; 1/2 buccia di limone grattugiato; 150 g di olio di semi di mais; 180 g di gelsi (freschi o surgelati) o come nella versione tradizionale, lamponi.
Procedimento: in una ciotola, amalgamare la farina, il lievito e lo zucchero. A parte, sbattere le uova, incorporare la ricotta un po’ alla volta, l’olio, la buccia grattugiata del limone e mescolare bene fino ad ottenere un composto omogeneo. Amalgamare il composto liquido a quello secco e mescolare fino a non vedere più tracce della farina. Unire poco più della metà dei gelsi al composto, mescolarlo molto delicatamente per non romperli, e versatelo in una teglia a cerniera da 20, massimo 22 cm di diametro, leggermente imburrata e infarinata. Distribuite i gelsi rimasti sulla superficie, premete delicatamente su qualcuno per farlo leggermente affondare, e lasciarne qualcun altro solo in superficie in modo che i lamponi vengano distribuiti uniformemente in ogni fetta una volta cotta. Infornare per circa 55 minuti-1 ora a 160° C, o finché il dolce non risulterà cotto al centro alla prova stecchino. Sfornare e fare intiepidire. Appena possibile, togliere la torta dallo stampo e farla finire raffreddare su una gratella.
e ti chiedi anche, se tu possa riuscire a catturare la mia attenzione con una torta così meravigliosamente alta e ricca di gelsi? Ti dirò, da quando mi hai accennato del tuo albero di gelsi a proposito di quelli secchi nella mia dispensa che, purtroppo, non sono di mia produzione ma che tanto vorrei poterti spedire e far assaggiare, la mia mente non ha fatto altro che pensare a questi fruttini così dolci e succosi: dopo averli snobbati per tanto tempo (che qui in Sicilia è pura eresia!!), mi sono innamorata del loro sapore dolcissimo e del loro potere di colorare irrimediabilmente le mani. Ed è così che da qualche settimana ho scovato un piccolo alimentari che avevo dimenticato e ogni lunedì compro i gelsi appena colti. mentre tutti sono presi dalla loro frenetica e ridondante quotidianità e dalla loro economia dei pollici opponibili, io sogno more di gelso come fossero stelle in un cielo d’estate. e ti dirò anche che, persa nel mio mondo di gelsi, indagavo contemporaneamente con quale ricetta potessi sorprendermi questa volta e, dopo accurate ispezioni, ero arrivata a scoprire il mistero della torta di ricotta e gelsi! Problema è, che dopo averlo scoperto, non potevo più aspettare di vederla (dopo averla ammirata anche sul blog di Barbara) e così aspettavo impaziente una fetta di torta che potesse addolcire la mia giornata 🙂
Adesso, però, sono ancora più impaziente: attendere fino a sabato per procurarsi al mercato la ricotta, quella buona, del “formaggiaro” di fiducia e cercare di accelerare la coglitura dei gelsi (perché oltre sabato non saprò aspettare) sarà dura impresa. mi manca purtroppo una teglia da 22cm di diametro, sarebbe eresia cuocerla in uno stampo da 24? O magari, potrei farne uscire fuori delle tortine, così che mantengano la loro superba altezza!
ti abbraccio sempre forte! Marta
Marta
ero sicura di averti messo la pulce nell’orecchio, come anche del fatto che il sacrificio di domenica avrebbe favorito una certa suspence 🙂 comincio a conoscerti bene, come vedi!… e tra l’altro quando ti leggo mi chiedo ogni volta: “perchè mai i miei alunni non scrivono bene come Marta?”
Quanto a me temevo di essere petulante veramente, ma il fatto è che quando si sta dietro agli alberi non si può rimandare l’appuntamento, perchè dopo è troppo tardi!e allora penso che di gelsi da queste parti ne vedrai ancora tanti, ma il fatto di sapere che a te piacciono tanto, non mi farà desistere dal parlare ancora una volta di loro. In realtà poi molti li regalo e il mio caro amico Antonino, siciliano DoC, mi racconta meraviglia sulla grandezza inimmaginabile dei gelsi della sua terra che è anche la tua!Ho la sensazione che la prossima settimana mentre io gusterò la pizza di Mimma, tu invece impasterai questa torta… e in questo caso, mi raccomando riportami l’impressione della tua splendida e dell’uomo di famiglia!:-D Un abbraccio fortissimo!
Marta
… dimenticavo una cosa importante, a mio avviso con uno stampo da 24 cm si può tentare!;-)
Ecco che le ragazze della domenica sera si ritrovano in questo martedì di festa che sembra una domenica 🙂 E davanti a una torta con i fiocchi, che come immaginavi è un colpo di fulmine!
Il ritorno alla normalità cittadina può essere traumatizzante, soprattutto in questa stagione in cui il caldo si diverte a giocarci brutti scherzi! Non so se è una coincidenza, ma in metropolitana nei mesi caldi si assiste a scene più strambe del solito… E a proposito di cellulare, io gongolo quando la metro entra in galleria e non c’è campo 😉 Con tutte queste vicende lo sceriffo ha un gran da fare e chissà se gli bastano due occhi per tenere tutto sotto controllo!
La frutta e la verdura sempre a 99 cent, qualunque sia la stagione, dà fastidio anche a me. Per non parlare della provenienza, è già tanto che ti dicano il Paese d’origine…
Per tirarmi su di morale prendo una fetta della tua bellissima torta perchè domani ho un esame e avrò bisogno di una dose di dolcezza extra!
Un abbraccio grande e buona settimana!
A leggere questo post mi sembra di leggere qualche pagina de “L’ultimo capodanno” di Ammanniti…. anche se devo dire nel mio quartiere monregalese non siamo da meno… sui gelsi, già ci siamo dette, scritte e ringraziate… aspetto solo di avere quel barattolo fra le mani, poi, per quanto mi riguarda il tempo si potrà anche fermare! Bella questa torta, avevo ammorto anche io la versione originale con i lamponi….
Virginia
Adorabili le ragazze della domenica, anche quando passano di martedì!Uh ma se domani hai un esame, io direi che il pensiero ‘attimo dopo’ averlo fatto, si potrebbe festeggiare con una torta, tutta per te e per festeggiare la fine di un esame! Che bello quel periodo, mi sentivo meravigliosamente egocentrica e mettevo il mondo in attesa che io mi liberassi dai libri
Margherita
Cara Marcherita, ti dico solo che da queste parti si stipano barattoli 🙂 la serranda dello sceriffo è già sul marciapiede, e domani salirò sul primo vagone immaginandomi in viaggio per il Canada insieme ai gelsi del mio albero!mi hai fatto venire una gran curiosità di leggere quel libro!un bacio enorme!
margherita. laura.. a me invece questo post sembra uscito dritto dritto dalla penna di Pennac!
oddio quanto mi hai fatto ridere cara Laura, e non hai idea quanto io oggi, in questo martedì travestito da domenica, ne avessi bisogno..
magari anche di una bella fetta della tua torta con i gelsi..
concordo che lo stampo deve essere necessariamente piccolo, perché la torta in questione deve essere alta, altrimenti a parer mio ci si perde la metà del gusto con una fettina sottile sottile, no?
me lo rileggo un’altra volta domattina, per mettermi ancora un po’ di buonumore addosso…
un bacio grande!
Barbara
Cara Barbara, ma allora recuperiamolo presto questo martedì travestito da domenica e io ti prometto che di risate te ne farò fare tante altre 😀 Quanto a Pennac, pur conoscendo il suo stile lo sai che non ho mai letto nulla di suo?a questo punto dovrò recuperare!te l’avevo detto che questa torta mi aveva folgorato ma quello che non sai è che ho sperimentato anche un altro tuo cake: si tratta di quello con le banane e mirtilli, che anche in questo caso sono stati rimpiazzati con i gelsi’, buonissima anche questa!a questo punto mi chiedo se domani avrai un nuovo cake da propormi a colazione che poi mi ritroverò a rifare quanto prima!un abbraccio grande!
i gelsi, mangiati dall’albero della nonna nella casa di campagna. Mangiati così, senza sciacquarli, senza nessun bisogno di farlo.
Le mani viola e la bocca da pagliaccio. Sapori e ricordi indelebili, che niente hanno a che fare con la routine.
I dolci alla ricotta sono ormai il mio mai più senza, per cui si, che diventi pure una torta “comune” da fare e rifare.
Un abbraccio a te ( e uno a tutte).
Francesca
È vero i gelsi sono indelebili nella memoria e sui polpastrelli: i miei restano viola a lungo 🙂 quanto poi al piacere di mangiarli direttamente dall’albero è un privilegio in assoluto! E sai che colazione soprattutto per noi povere dalla sveglia impietosa!;-) un abbraccio forte forte!
Perseveriamo, sì.
Sull’argomento gelsi… 😉
Rossella
Cara mia ebbene sì perseveriamo ancora e ancora e ancora, senza arrestarci mai!;-)
E attenta, l’argomento è contagioso!:-D
Questa torta è da un po’ che la punto, da quando l’ha pubblicata Barbara. Aspetto di tornare in Mugello per andare a comprare della buona ricotta dai Bolli (il Palagiaccio) e poi mi metterò all’opera insieme a mia mamma. Ti dirò di più, voglio che lei la proponga come torta da colazione nell’agriturismo in cui lavora. Secondo me farebbe faville!
Poi voglio dire, torta e cronache di quartiere sono un’accoppiata vincente, mi vedo già mentre assaporo quei gensi intrappolati in cotanta dolcezza ascoltando i tuoi racconti. Quando sono arrivata a “laggente che nun se lava” ho riso troppo. Argomento a me familiare di quando facevo la pendolare. Addirittura avevamo studiato, insieme ad altre pendolari, di sedersi in cima al vagone del treno per evitare il cattivo odore durante il viaggio.
Francesca
Non dirmi, tua madre lavora in un agriturismo?non sai quanto mi piacerebbe fare un lavoro così, diverso dal mio per un po’. Che bello!Io avrò fatto ridere te, ma anche la tua idea di salire in cima al vagone per evitare cattivo odore non sai quanto abbia fatto sorridere me!:-D In una parola: geniale!