Ho scoperto tardi che il mare in Abruzzo ‘non è lontano’.
Mio padre per una sua singolare tendenza a motivare i suoi ‘no’ con spiegazioni improbabili, mi ha più volte ripetuto nell’estate del ‘87 che il mare ‘era troppo lontano’ da raggiungere e che tanto valeva, invece riuscire a godersi la campagna, fuori dal paese e fuori mano almeno per i miei dodici anni di età.
Meno male c’era il ‘mare di Pescara’, che non è solo la città dei miei natali ma anche del mio più appassionato sentimento, dove nonni e zii erano un balsamo terapeutico per la mia astinenza da mare. Perché a me il mare mancava un sacco, anche d’inverno e mi mancavano i paesaggi da riviera e le ‘persone di mare’ che sanno di salsedine anche a novembre. E poi c’è da dire che a dispetto delle apparenze di bambina rustica ‘di paese’ e ‘di campagna’, io mi sono sempre sentita un personaggio ‘di mare’ e ‘da mare’. E al diavolo che non sapessi ancora nuotare, come tutti i bambini cresciuti al mare da maggio a settembre.
E anzi che quando ho deciso di imparare a farlo è stato per il piacere di abbracciarlo il mio mare, per restare amorevolmente in sospensione io e lui semplicemente galleggiando.
Insomma, questo mare non era poi così lontano e soprattutto non si trovava solo a Pescara.
Oggi lo racconto ai romani, com’è il mare in Abruzzo, quando capisco che per loro la mia terra è fatta solo di montagne e passeggiate nei boschi. E se un po’ troppo di parte, quando lo descrivo, lo dico sempre che il mare c’è ed è bellissimo, basta solo capire come fare a trovarlo.
Ad esempio io ho imparato a cercarlo nei luoghi dei miei ripetuti spostamenti, oltre i campi di grano o il fitto delle viti e, se si prosegue per la discesa dei campi, lì c’è il mare. Ho capito anche che se si segue il sentiero della ferrovia, che in alcuni tratti di costa è dismessa, quella porta al mare.
Le spiagge più belle in Abruzzo hanno la particolare tendenza ad essere ‘lidi di sotto’: sotto il fitto di un canneto, al di sotto di scalette ripide, sotto un ‘sottopassaggio’, ma soprattutto al di sotto di un belvedere. Lo sanno bene paesi caratteristici come Ortona, che guarda il suo porto dall’alto del suo muraglione o San Vito Chietino che gode della vista mozzafiato della ‘sua’ marina da ogni fessura o vicolo tra le case. Ecco oggi questo è il mio mare, che mi sono ripromessa di scoprire e conoscere meglio quando ‘sono diventata grande’.
Oggi le mie spiagge preferite sono quelle di ciottoli e possibilmente ‘sotto’ un trabocco. Hanno nomi antichi come ‘I ripari di Giobbe’ o semplicemente garanti di acque limpide come quella di ‘Acqua bella’.
Si tratta di spiagge frequentate da veri amanti del mare che sanno goderne civilmente in assenza di schiamazzi e di punti di ristoro che tanto a quello ci pensa il mare stesso.
E se il mare non basta, si può sempre pensare ad una granita come faceva mia nonna Irma, che ne preparava in quantità industriali al caffè.
“Perché il mare butta giù’’ – diceva lei che a sessantanni aveva già smesso di frequentarlo.
Ma siccome io alle ‘congetture di famiglia’ ho smesso di credere da quando ho scoperto che il mare ‘non è lontano’ ho preparato anch’io una granita e non al caffè ma alcolica con tutti i sapori del mio Abruzzo marino. Ecco l’ho aromatizzata per l’estate di Taste Abruzzo con la ‘nostra ratafià’, quella con le ‘nostre’ uve di Montepulciano e che io sono abituata ad annusare nell’aria e a riconoscere nel tempo della raccolta quando dal mare arriva il momento di allontanarsi per tornare verso casa.
mia cara Laura io, al contrario tuo, fino ai miei teneri dieci anni di età, ho trascorso tutte le mie estati al mare. c’era il rito della crema solare e quello di aspettare almeno due ore dalla colazione prima di poter diventare tutt’uno con l’acqua e ricongiungermi a questa, come se non aspettassi altro da tutto l’inverno. Se solo provavo ad accennare all’idea di evitare la colazione per accelerare il processo di unione fra me e il mare, venivo guardata “storta” e la mia proposta moriva lì. Il problema è che con gli anni ho imparato ad apprezzare sempre meno quella spiaggia che è stata lo sfondo di tutta la mia infanzia, vedi la terribile confusione (non so se sei mai stata, ma Mondello in estate è ingestibile) e il caldo appiccicoso sulla mia pelle che mi separava dal mare. Se me lo dovessero chiedere, quindi, affermerei di non amare al mare. Eppure ho le mie eccezioni, come la spiaggia di Scodello, che quando ero piccina, era la meta abituale ma decisamente poco frequente che, quando avevamo abbastanza tempo per sopportare 2 ore di macchina sotto il sole cocente, era il lusso che mi concedevo con i miei genitori: piccola e con la testa riccioluta, godevo di quello spettacolo di mare assaporavo gli unici bagni che potessi fare con mio padre e mi godevo pranzi di sola ma abbondante frutta sotto l’ombra di un piccolo ombrellone (per poi rifocillarci con un enorme “pane cunzatu” che da piccola non apprezzavo e sostituivo con la dipendenza dagli zuccheri del gelato, ma successivamente, da più grande, ho imparato ad amare!).
quanti ricordi mi porti a galla (e la metafora è decisamente intenzionale ;-))! Le granite piuttosto, erano la mia coccola “messinese”, rigorosamente accanto ad una brioche col tuppo e in piedi su un piccolo sgabello preso apposta per me perché troppo piccina per arrivare al bancone… ma di questo ti racconterò un’altra volta, che oggi credo di aver già sproloquiato abbastanza – anche se, davvero, quando inizio qui potrei non finire mai.. –
ti dico soltanto che, se per i miei genitori la scelta abituale ed indulgente era quella di una granita al caffè (come quella di tua nonna) sormontata da una nuvoletta candida di panna, io, da bimba che non apprezzava il gusto intenso del caffè e che la panna, molto onestamente, non l’ho mai retta, optavo piuttosto per una di fragole che avesse necessariamente le fragole di bosco in cima! E poiché granite come quelle di Messina a Palermo non le si trovava, mamma preparava in casa sia quella al caffè per lei e per l’uomo di casa, sia quella di fragole per me e, ti dirò, che “il sapore materno” per me batteva senza paragoni quella del mio bar preferito al centro di Messina..
non essendo ancora un’amante del gusto del caffè, dunque, apprezzo e ammiro la tua granita abruzzese un po’ alcolica, che anche se mi separa ancora qualche mese ai fatidici 18, pretendo sia “legale” anche per me!
ti lascio al mio romanzo e ti abbraccio sempre stretto (sapessi quanto ti ho aspettata domenica sera!! quasi temevo pubblicassi una volta dopo che mi fossi addormentata..), tua Marta
Marta
Marta Marta ma tu sei veramente meglio della mia granita ghiacciata sotto i 40° della Capitale!!!!Così mentre mio marito si affanna a cercare ventilatori che non abbiamo perché quello che avevamo l’ho prestato alla vicina (senza dirglielo!) io invece il caldo non lo sento più e sono in perfetto equilibrio con la temperatura esterna grazie al tuo romanzo che ha il potere ogni volta di estraniarmi da tutto!:-D A me i tuoi racconti da piccola con i tuoi mi fanno impazzire come quando ti immagino con Mimma in cucina a sporcarvi le mani di cose buone per la cena dell’uomo di casa. Io penso che se stai per compiere 18 anni si può cominciare a festeggiare con la ratafià e ti svelo un segretuccio forse poco attendibile dal punto di vista scientifico ma di cui io mi sento certa: la componente alcolica della ratafià è in realtà utile solo a offrire quella consistenza cremosa cremosa quasi vellutata e in realtà quello che si ha la sensazione di assaporare è una granita di amarene. Ma attenzione noi abruzzesi non ci limitiamo solo a quelle e in genere aromatizziamo il liquore anche con cannella e vaniglia per cui l’aroma è meravigliosamente intenso e pungente. Insomma un esperienza che una piccola Amelié curiosa come te non si può perdere!:-D Un bacio grande grande Marta e un saluto affettuoso a Mimma, la mamma che tutti vorrebbero, e l’uomo di casa la cui presenza silenziosa e assecondante nei vostri racconti lo rende ai miei occhi un personaggio simpaticissimo!<3
Del mare si sente parlare a destra e sinistra, ma si sa, siamo italiani ed é già il 15 di luglio. Si contano giorni, ore e minuti prima delle ferie. Io faccio parte di quei ex bambini fortunati che se ne stavano al mare 2 mesi l’anno, tanto che l’ho quasi considerata una cosa “scontata”. Quando mi sono trasferita qui ho iniziato a capire, a capire quanto siamo fortunati ad avere il mare così vicino, qualcuno addirittura a due passi. Quest’anno di Canada forzato, quest’estate senza tornare “a casa”, certo per una validissima ragione, ma nel novero delle cose di cui sto sentendo più la mancanza sono famiglia, amici e mare. Mi godo questo tuo racconto, e se non ti dispiace prenderei un po’ di quella granita che sembra eccezionale… ah mi siderei anche su una delle panchine davanti alla chiesa, ti dispiace?
Margherita
Siediti pure cara e gusta la granita 🙂 Conosco bene la sensazione di quando l’astinenza da mare si lega all’astinenza dalle persone sai?anche per me da ragazzina il mare equivaleva a recuperare una parte di famiglia per me importantissima e con cui non ho avuto la fortuna di crescere. E infatti io ho sempre pensato che ‘il mare riporta a casa’ o ‘ ci fa sentire a casa’. Sono certa cara Margherita che avrai modo di rifarti prestissimo e ti auguro scorpacciate di mare a sazietà non appena sarà possibile!:-D Ti abbraccio fortissimo!
Ciaooo 🙂
che belle queste fotografie! Quelle belle finestre affacciate sul mare… quasi vedo una signora anziana guardando in lontananza verso le onde del mare.
Io non sono cresciuta vicino al mare, ma lo sogno sempre!
Mi siedo e gusto la tua granita e guardo le belle fotografie che hai pubblicato. 🙂
Un abbraccio,
Ulica 🙂
Ulica
Ciao Ulica 😀 così mi sembra di capire che anche il tuo è stato un ‘amore a distanza’ con il mare. E infatti io penso che le finestre che mi capita di fotografare quando sono in posti di mare mi attraggono proprio per questo e cioè perché sono un affaccio sul mare per chi come noi lo sogna e si accontenta anche solo di guardarlo a distanza. A questo si aggiunge che io ho una passione per le finestre con tende di pizzo svolazzante che sanno sempre di luoghi di mare 😀
Un abbraccio forte anche a te!
Io mi sento spesso una voce fuori dal coro perchè, pur abitando al mare, non amo stare in spiaggia: per questo mi aggiro per le strade della città con il mio colorito pallido, sembrando appena scesa da qualche ghiacciaio. Il mare che mi piace è quello da settembre a marzo, quando occorre almeno un golf per stare in spiaggia e il sole non picchia violentemente sulla pelle. Per non parlare degli schiamazzi e della sabbia rovente! Nonostante tutto, di mare estivo ne ho fatto anche io, almeno una settimana all’anno da quando sono nata, ma ci siamo sempre spostati verso lidi distanti dalla città. E qui devo anche confidarti che sono sempre stata una rompiscatole da bambina, perchè non sopportavo la sabbia ne’ la crema solare, indispensabile per la mia carnagione. Pensa che non amavo la sabbia, ma alla fine giocavo sempre seduta sul bagnasciuga, e puoi immaginare quanta sabbia mi portavo dietro dentro al costume! E’ solo da pochi anni che ho imparato ad amare la sabbia, dopo che sono andata al mare in un posto con i sassi: lì ho capito che con la sabbia è tutt’altra cosa!
Soffrendo di pressione bassa anche io sostengo che il mare butti giù e in effetti ci vorrebbe una granita all’ora per sopportare l’afa! Vado a vedere la ricetta e poi passo a prendere anche i gelati alle pere, che oggi fa caldo e in fondo, dopo questa settimana di studio matto, mi merito un premio 😀
Virginia
Ma lo sai che a me è successa una cosa opposta alla tua: ho sempre amato le spiagge di sabbia provando un certo piacere nel rotolarmi sulla sabbia senza asciugamano frenando le onde in arrivo fino a ritrovarmi in acqua con la scusa di un nuovo bagno. Questa passione ha accompagnato bagni di gruppo scatenati che ricordo ancora con un certo brivido. Poi è cominciato un rapporto più maturo con il mare e per certi versi più ‘solitario’ e anche più ‘primitivo’ che mi ha portato a sfidare con le piante dei piedi anche i sassi meno lisci per placare un irrefrenabile bisogno di sentirmi selvaggiamente spartana. L’unica cosa che con il tempo è cambiata drasticamente è il mio rapporto con il sole che mal tollero, ma in questa difficile intesa mi aiuta sempre il dialogo aperto con l’acqua e un morbido cappellone di paglia con cui mi piace fare il bagno nello stile delle donne greche; di queste, da lontano, non si vede il volto ma si ascolta il cicaleggio di un vociare senza fine. 😀 Un bacio!
Il mare…senza di lui non so stare. Posso accontentarmi del mare bretone o normanno in autunno e inverno, anche per evidenti ragioni di vicinanza, ma quello che mi fa cantare il cuore è quello estivo, limpido, caldo e ricco di tutti gli eccessi estivi. Lo aspetto con ansia, non sia mai vada saltato, perderei un equilibrio. Quando ero piccola, si aspettava il venditore ambulante di gelati sulla spiaggia di Porto Cesareo (Puglia) e per me il massimo era il ghiacciolo al limone o alla menta. Un rito, così come la raccolta dei paguri. Ed ora guardo le mie piccole sguazzare nello stesso mare e aspettare la merenda a base di gelato e mi si riempie il cuore di gioia. Il tuo racconto mi ha trasportata lontano, lontano… Un abbraccio e buona estate a te!