Deve essere importante prima di tutto che ognuno a casa propria faccia ciò che vuole.
E anche noi facciamo tutto ciò ci va di fare nei limiti del possibile, dacché le autorità competenti hanno fatto della libera uscita, un reato.
Così della nostra reclusione facciamo vigile obbedienza e pur di non mettere il naso fuori, ci concentriamo per rimanere in posa: fermi fermi fermi e al punto di partenza. Cioè a casa.
“Stare a casa!” – Lo dice alla tv tutte le sere anche il nostro Premier a cui tutta questa emergenza e gravità hanno donato il virile fascino di un vigile del fuoco. Non lo dico io, ma tutte quelle donne che tornate ad essere casalinghe dall’oggi al domani, e provate alla vista del solo marito, lo scrivono dappertutto: “Ma quanto è bello Conte! Ma quanto è bravo Conte!”
Forse non si rendono conto che questo è il chiaro sintomo di un altro tipo di ‘contagio’ che è quello dell’isolamento. Ma il punto è che proprio l’isolamento ci salverà tutti, per cui ognuno ami pure chi vuole.
In realtà io non sono ancora arrivata a questo tipo di ‘influenza’, ma aspetto fiduciosamente ciò che sarà anche di me, sapendo bene che in questi casi è più difficile vegliare sul senno che sulla salute.
Veramente tra le cose che non mi sono ancora accadute c’è stata anche quella di non suonare mai la chitarra alla finestra. Ma neanche un fiato.
Mentre a Roma soprattutto, la lotta alla claustrofobia si è tradotta inizialmente in un intrattenimento musicale da balcone: una specie di inno alla vita e un po’ alla patria che nei momenti di difficoltà si tira sempre in ballo forse per nostalgia di quello che eravamo o di quello che non siamo mai stati abbastanza. Ma tanto che senso ha parlarne adesso?
Ad ogni modo cantare e ascoltare en plein air, pur rimanendo ognuno a casa propria, è stato uno dei fenomeni più ricorrenti di cui ho sentito parlare nel bene e nel male: forse perché davanti a un problema più serio nessuno sa cosa dire e allora ‘canta che ti passa’!
Quanto a me, io se posso invece mi intrattengo con un topo.
Lo vedo tutti i giorni nell’ora d’aria dopo pranzo. La sua taglia, e soprattutto la stessa iperattività di mio marito, mi fanno pensare si tratti di un maschio adulto. Non gli ho dato un nome, perché preferisco chiamarlo ‘Topo’: una specie di distanza formale per ricordarmi chi sono io e chi invece è lui.
L’altro giorno ci siamo pure guardati occhi negli occhi così fieramente che nessuno dei due è retrocesso di un passo. Io lo so cosa gli ho sussurato in quel momento: “…mica penserai che perché tu sei un topo e io una donna, ti tema?” E pure lui deve avermi detto qualcosa di simile, tipo : “…e tu mica penserai che io topo possa temere l’unica donna che non metto in fuga?”
In fila indiana
Ecco quando invece non parlo con ‘Topo’, cammino in fila indiana. Me l’ha consigliato un carabiniere in servizio che ha visto me e mio marito ad una distanza che non era quella consigliata.
“Mi scusi – ha detto mio marito – ma questa donna è mia moglie!”
“Ma sa, di questi tempi non si sa mai” ha risposto quello. Un botta e risposta che fino a ‘ieri’ sarebbe stata una allegra barzelletta e che oggi invece proprio non lo è. Oggi infatti camminiamo in fila indiana.
Così se arriva qualcuno e ci chiede chi è l’ultimo della fila, mio marito senza sembrare matto può rispondere tranquillamente: “…mia moglie” – Proprio perché di questi tempi non si mai con chi ti accompagni e l’untore è ovunque.
Un’altra cosa che faccio di frequente in questi giorni, è far di conto. E infatti io conto tutto e nel rispetto di un certo ordine a partire dai giorni stessi: i giorni della mia personale quarantena, venticinque; i giorni del mio nuovo lavoro a distanza, venti; i giorni dentro i quali è possibile il manifestarsi dei sintomi, cinque; i giorni in cui fare la spesa, uno.
Tutto è entrato in un ordine numerico: anche le uova rimaste nel frigo, le bottiglie d’acqua in magazzino, le verdure nell’orto e tutto ciò che di utile è ancora in casa e può ritardare la necessità di uscire. Perché se c’è la necessità di uscire, il conteggio dei giorni si azzera, tutto riparte daccapo e dei numeri soprattutto, come di questi giorni, non si vede mai la fine.
Un concorso di colpe
Giorni fa però invece di contare, ho pensato una cosa: io lo sapevo che la colpa non era dei cinesi. La colpa infatti pare sia stata tutta di un pesce o di un pipistrello. O di un pesce-pipistrello dicunt.
Nessuno ne avrebbe sospettato se non fosse stato proprio lui in persona, o loro insieme, a rivendicare nelle sedi appropriate, tutta questa gran pandemia.
Ecco un pesce o un pipistrello che forse stanchi del genere umano e di tanto velenoso inquinamento ai danni della Natura, ci rendono indietro ‘pan per focaccia’ e anzi peggio, qualcosa di più immondo della nostra immondizia.
E la natura questa volta sembra essersi schierata e non dalla nostra parte: ecco perché, rispetto a come le cose dovrebbero andare, lei soprattutto appare più sana e rigogliosa proprio mentre i suoi figli si ammalano.
Solo così riesco a spiegarmi la questione quando, ad esempio, guardo tutto il verde davanti casa che si sta riprendendo la strada.
Veramente pure alla tv dicono che qualcosa di bello, nella disgrazia, sta succedendo da questo punto di vista: come di quei delfini, in Sardegna, tornati nei porti; come di tutti i pesci che a Venezia hanno sostituito il gran traffico di gondole; come di quelle papere che l’altro giorno, a Firenze, sono entrate nel supermercato. E, a dire il vero, anche qui qualcosa di simile è successo, Topo a parte: come quando l’altro giorno Michele annunciato un miracolo al telefono: “Signora Russo, le galline di punto in bianco hanno ricominciato a fare le uova, sapesse quante!”.
Ecco insomma la natura si sta finalmente riprendendo i suoi spazi, con l’unica condizione possibile di limitare i nostri.
#iorestoincucina
Ad ogni modo anche in spazi ridotti ci sono cose nuove che succedono comunque: la mia classe ad esempio è diventata la mia cucina: i ragazzi entrano ed escono a tutte le ore e alla fine c’è sempre una domanda fuori programma che non è più “Posso andare in bagno?”, ma “Prof che biscotti sono quelli sul forno?” E si perché alle mie spalle non c’è una lavagna con la lezione del giorno, alle mie spalle c’è un forno.
E sono amaretti quelli sul forno. Di questi tempi in cui un uomo e una donna camminano in fila indiana per entrare in un supermercato, due albumi mica si buttano via così senza pensarci.
Poi chiaro che, a casa propria, con gli albumi ognuno ci fa quello che vuole ma noi in genere con due albumi ‘contiamo’ due teglie di amaretti abruzzesi.
Ricetta amaretti morbidi abruzzesi alle mandorle
Ingredienti:
- 250 gr di mandorle pelate (o noci pelate)
- 175 gr di zucchero bianco semolato + un po’ per lo spolvero finale
- 2 albumi (uova di piccola grandezza) + qualche goccia di limone
- buccia grattugiata di un arancio bio
Procedimento:
- Tritare in un robot da cucina le mandorle con lo zucchero
- Aggiungere a questo composto la buccia d’arancio
- Montare a neve gli albumi con un po’ di limone
- Incorporare gli albumi nel composto di noci e zucchero, mescolando dal basso verso l’alto
- Mettere il composto in frigo per 1 ora
- Dopo il riposo, con l’aiuto di un cucchiaino formare delle piccole polpette: il composto sarà appiccicoso può essere utile bagnarsi di tanto in tanto le mani in acqua fredda.
- Passare le gli amaretti nello zucchero e disporli su una teglia appiattendo con le mani la sommità di ognuno.
- Infornare a 170° C a forno combinato: ventilato + grill
- sfornare dopo 10′ circa, non appena gli amaretti risulteranno dorati.
Una video ricetta
“Il contatto visivo aiuta” – mi ha detto giorni fa il mio dirigente in una video conferenza.
Si parlava di video lezioni, ma io ho pensato ad una video ricetta. Non che sia del mestiere in questo genere cose, ma se la mia cucina può diventare la mia classe, cosa può impedire di passare da una video lezione a una video ricetta? Ad ogni modo nella video ricetta, le mandorle sono state sostituite dalle noci: una variante che consiglio di seguire solo in un periodo di noia e quarantena in cui ci si può permettere tutto il tempo necessario di spellare una a una tutte le noci necessarie fino ad un numero di settanta. Non una di più, non una di meno.
Ecco, io farei volentieri quarantena a casa tua.
Un piacere leggerti. Xx
Antonella, proprio oggi al telefono dicevo ad una cara amica, che condividere la quarantena ci darebbe più forza e soprattutto ingannerebbe qualche pensiero di troppo 😀 E quindi ti dico che sarebbe bello averti qua, ma non devi mostrare timore davanti a ‘Topo’ sennò quello allarga il suo raggio d’azione 😀 Ti abbraccio!
”Andiamo, andiamo, 24 piedi siamo…. ” Così cantavano i frati francescani mentre si dirigevano dal Papa.. e…
”Camminando per di qua, noi troveremo l’oro, sta mattina in verità, avrei voluto partire solo… Se ora guardo dietro me… vedo una lunga fila… come ho fatto non si sa, a pensare di partire solo… ” diceva Branduardi nella sua ”cercando l’oro”… aggiungendo pure.. ”se almeno si togliessero di mezzo, quelli che vogliono dire la loro” .. già .. perché tutti qui vogliono dire la loro, oltre alle signore casalinghe influenzate che … provate dalla visione esclusiva del solo marito dicono ”quanto è bello Conte”… di ”conto”… rac-”conto”…sicuramente le operazioni non sono il mio forte e quindi mi ci perderei coi numeri, tengo il conto solo con la danza ”sei, sette e otto”… però leggo, parole scritte che scivolano sotto gli occhi… leggo il tuo di racconto, che ogni volta mi appassiona e che mi strappa sempre un sorriso….
Oggi ti ho pensata… mio fratello mi manda un messaggio .. : ” Manu, ti basta mezzo chilo di… ricotta?” La ricotta Laurè… Ora che NON posso più andare al mercato dai miei produttori meravigliosi, ho ”ripiegato” su un caseificio che è nato piccolino, ma si è ingrandito e, secondo me, ha perso un po’.. perché quando le cose diventano grandi, credo io, perdono un po’ di quella cura ed attenzione e, il prodotto finale, ne risente … Però.. ci hanno detto di stare a casa ed io.. a casa sto.. e prendo mezzo chilo di ricotta di pecora di Emilio…. e cercherò di farla durare un bel po’…
Hai ragione Laurè… è la terra che ci riporta indietro quello che noi le abbiamo ”donato” perché… tutto torna, sempre… e LEI ora RESPIRA, perché NON CE LA FACEVA PROPRIO PIU’… ed io PER LEI, SONO FELICE.. anche se ovviamente sono dispiaciuta per le persone perse, per coloro che stanno male, sono in ospedale e per tutto quanto questa situazione ha creato, ma per LEI, LA TERRA io sono FELICE!
Mo’ sono le dieci di sera, madre sferruzza all’uncinetto sul divano, la piccola belva pelosa è scesa in giardino e fa sentire la sua voce…. ed è finito un altro giorno… #iostoacasa dall’8 marzo Laurè… sono quasi 30 giorni, ma ogni giorno è un giorno nuovo per ascoltare il dilatarsi del tempo che si prende sempre più spazio ed io mi ci immergo dentro, come nella vasca da bagno…..
Conti gli gnocchi, conti gli amaretti… sicura che non sei brava in matematica? 😉 …
avrei voluto essere lì con te, mentre la tua video lezione diventava video-ricetta…
Sei fantastica! (soprattutto per essere l’unica umana a non temere ‘Topo’)
ma quel bellissimo cane è il tuooooooo?????
<3 Notte
Manù…
Manù che darei adesso anche solo per un cucchiaio di ricotta!
Com’è Enrico? è all’altezza di Michele?:-D
No Manù fidati io conto in quanto ‘discalculica’: ovvero conto perché non riesco a stare dietro ai conti!E veramente non riesco a stare dietro neanche a Conte nonostante molte donne lo dipingano come il novello Clark Kent di Superman!!!Ma io col mantello e le mutande rosse proprio non ce lo vedo!
Si quel cane è Vanda, dorme tutto il giorno insieme ad Ada (la gatta) e quindi nessuna delle due è a conoscenza di Topo che va e viene quando vuole. Oggi però mentre ero sotto quel pruno bianco ho notato una cosa che si manifesta quando piove e non quando c’è il sole, quindi in un certo senso possiamo dividerci il giardino a seconda del tempo che fa.
Si Manù la terra è felice eccome se lo è adesso che ci siamo tolti di mezzo.
Ad oggi alla mia teoria se ne aggiunta un altra: adesso so che si tratta di un pipistrello e non di un pesce! insomma Manù una specie di ritorno del Nosferatu, una guerra fra mondi!
Ti mando un grande bacio Manù, anche a me farebbe piacere averti qua 😀 ma tu ci sei no?
Secondo me tu c’hai i poteri, perché hai chiamato il casaro, che si chiama Emilio, come mio fratello che invece si chiama proprio Enrico….
Non credo che sia all’altezza di Michele, Emilio, lui cura le pubbliche relazioni, è quello che, detto tra me e te che non ci sente nessuno, all’interno del caseificio ci sta meno di tutti. girando in lungo e in largo, rilasciando interviste e prendendosi il merito ..(mica che non serva pure quello, far conoscere l’azienda dico, però… secondo me è un po’ troppo ed io ne risento..) ..
Immaginavo che fosse una lei, Vanda, però ho parlato al maschile per rimanere nel generale, mentre la gatta no, non sarei riuscita a riconoscerla, tutta raggomitolata così, che sembro io quando sto sul divano in inverno cercando in tutti i modi di riscaldarmi…
e l’hai identificata la cosa che esce con la pioggia? ..
Qui invece è fiorito il pero… <3 ..
Io diciamo che conto il giusto, ma coi conti ci bisticcio un po' e sono ben contenta di passare la palla a madre che a fatto le scuole giuste (come le dico sempre io)… ovvero ragioneria e quindi lei E' CAPACE! ahahaha…
Ah! certo che ci sono…. lì… 😉
Una stretta fortissima!
Manù
Stasera mi cimenterò nella preparazione di questi amaretti! Grazie Laura
Federica bella!Siii dai non sai quanto mi fa piacere e poi devi anche farmi sapere come andata!Grazie grazie a te!
Laura cara, anche se in video non si vede, la terza mano che prende un tuo meraviglioso amaretto è la mia!…
Ah, quanto vorrei! sento l’acquolina in bocca! e se mai ci rivedremo a scuola per la fine di quest’anno, ricordati della mia mano che è stata solo virtuale…
ma in reale si trasformerà e con gioia aspetterà un tuo prelibato dolcetto!
Bacione
Giusy
Giusy cara, solo ora mi accorgo di non aver mai risposto al tuo commento mannaggia!io penso ci rivedremo ma se non sarà possibile a scuola, mi preparo ad una spedizione di questi amaretti al tuo indirizzo così farò felice te, Alessandro e le ragazze 😉
Intanto un grande abbraccio!
Io pensavo di trovare una semplice ricetta di amaretti abruzzesi e m’imbatto in pura poesia….dovrebbe scrivere fiabe per bambini e perchè no, anche per adulti
Grazie mille Paola. Quando ho cominciato più di dieci anni fa a scrivere sul blog, non le nascondo che il bello dell’impresa era proprio scrivere… poi ammetto di essere ricorsa ad armi sleali cercando di avvicinare quanti più lettori possibili con il cibo :-D.