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“Per rimanere lucida ho bisogno di correre e di credere, che correrò” – Dice il mio fisioterapista.
Ma io non gli credo mai, che la stessa cosa me la dice anche mio marito. E allora penso che gli uomini delle volte pensano e dicono proprio le stesse cose che forse valgono per loro, ma chissà per noi.
Forse loro s’illudono, correndo, di rimanere in forma smagliante o forse è per questo che muoiono prima di noi. Sempre che sia così.
Ad ogni modo io ho capito che posso rasentare una lucidità impressionante soprattutto se resto ferma, come una gatta sul davanzale: che non solo mi è chiaro il punto preciso di dove mi trovo, ma riesco anche a ricordare perfettamente chi sono, da dove vengo e addirittura dove vorrei arrivare, se proprio mi concentro.
Non è così facile ricordarselo invece quando sono intrappolata nella corsa ‘idiota’ dal lunedì al venerdì. Quando mi alzo alle sei di mattina, mi lavo, mi stacco un capello bianco, bevo un thè e corro fino alla metro B. Poi corro sui san pietrini, sui turisti fermi e quelli in movimento che supero sempre, forse perché sono più veloce io di loro o forse perché loro sono più lenti di me. Non l’ho ancora capito.
Corro anche quando un semaforo verde mi da la precedenza e mi dice che è arrivato il mio momento di pedone ‘lento pede’, ma io non mi fido mai e corro lo stesso ché sulle strisce pedonali di questa città chi si ferma è perduto, anzi è già morto.
Corro poi verso il tram, dietro il tram e, sul tram, quando chiudo gli occhi cominciano a correre anche i pensieri e tutta la corsa idiota della giornata mi salta al collo e resta tutta bloccata là.
Il mio fisioterapista quando mi sblocca il collo, dice che dovrei correre di più e ma con metodo: con la stessa convinzione di quei corridori che concorrono tra loro a chi corre di più e che incontro sempre a Via dei Fori, in microfibra attillata sul corpo e paonazzi sul volto già alle sette di mattina.
Quanto a me, io per il momento ci sto ancora pensando. Ma il fatto è che l’unico giorno in cui sono riuscita a fermarmi invece di cadere sul divano stanca più di come mi sento sempre, sono rimasta addirittura in piedi.
I dolori e i soliti brividi non c’erano più e in cambio c’era tanta di quella lucidità che ho deciso di fare un cake.
Un cake alla zucca, ché strada facendo dal divano alla cucina ho incontrato la zucca violina che mi ero ormai abituata a considerare più un pezzo d’arredamento, visto il tempo intercorso tra l’acquisto e il suo utilizzo, che qualcosa di commestibile.
In genere non seguo mai le ricette passo dopo passo, come si dice pedissequamente, ma “se non lo faccio quando sono lucida e soprattutto ferma, allora quando?” – ho pensato.
E allora mi sono messa all’opera, pensando che gli uomini sono proprio tutti uguali, soprattutto i fisioterapisti e i mariti, quando pensano e dicono le stesse cose che forse valgono solo per loro.
Io, per me, ci ho pensato così tanto che credo di aver capito una cosa: anche se per tutti è d’uopo correre, io preferisco piuttosto concorrere per la sosta, la meta in cui il tempo si tras-corre semplicemente dis-correndo d’altro e altrove come quando si percorrono strade meno frequentate dai soliti luoghi comuni eppure ci si ricorda sempre dove si sta andando.
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Ricetta del Cake alla zucca di Giulia Scarpaleggia secondo le variazioni di Barbara Toselli
Ingredienti:
- 350g di polpa di zucca butternut (io, zucca violina) già pulita
- 125g di yogurt bianco al naturale
- 3 uova
- 180g di zucchero di canna integrale
- 80ml di olio di semi di mais
- 100g di farina 00
- 100g di farina integrale
- 70g di fecola di patate
- 1 bustina di lievito per dolci
- 2 manciate di gherigli di noce (circa 70 g)
Procedimento:
- Accendere il forno a 180° C.
- Mettete la zucca a pezzetti nel frullatore insieme allo yogurt e frullate fino ad ottenere una crema omogenea.
- Rompete le uova e montatele con lo zucchero con una frusta elettrica finché il composto non sarà raddoppiato di volume e di un colore giallo tenue.
- Mescolate le farine con il lievito e la fecola di patate. Unitele un po’ per volta al composto di uova sempre mescolando con le fruste.
- Aggiungete la crema di zucca e l’olio e lavorate per qualche minuto.
- Unite i gherigli di noce e lavorate alla massima velocità in modo che le fruste li rompano grossolanamente.
- Foderate uno stampo da plum cake abbastanza grande con carta forno e versatevi il composto. Infornate per circa 1 ora, verificando la cottura con la prova stecchino (infilando uno stecchino lungo di legno al centro del dolce dovrà uscire caldo e asciutto).
- Sfornate e fate raffreddare il dolce nello stampo finché non sarà possibile estrarlo. Completate il raffreddamento su una griglia.
- Spolverate con zucchero a velo, se vi piace, prima di tagliarlo a fette.
Mi hai fatto morire dal ridere! Ti abbraccio!
Ti mando tanti tanti baci!
Ecco, io ti vedo bella, maestosa e serena come quella gattina.
Ho letto i tuoi pensieri a tante velocità, come un filmino che a volte va veloce, a volte rallenta. 🙂
Il finale è lento e ti ritrovo là, tu dietro al tavolo, sorridendo e annusando il profumo di questi bellissimi cake appena sfornati.
Bisogna ricominciare dalla lentezza, cosi’ non ci sfuggono le cose davvero importanti.
Festìna lente!… ti dico e ti abbraccio tanto! 🙂
Ulica
Festìna lente!!!Che bello Ulica questo tuo augurio!E comunque si, come sempre cogli nel segno io sono proprio lì, seduta a guardare quello che succede o ad aspettare quello che mi aspetta… ma da ferma come piace a me 🙂
Ti abbraccio fortissimo Ulica cara!
Eccomi. Leggendo queste tue parole, provo a figurarmi l’immagine di me che deve farti capolino tra i pensieri quando ci sentiamo. Io che ho fatto della corsa, figurata e non, il trend delle mie giornate, coi miei ritmi folli, i duecentocinquantamila chilometri al giorno correndo contro il tempo, le giornate inzeppate fino all’ultimo secondo di cose da correre a fare…Devo sembrarti una pazza e non mi sorprende, quando ci sentiamo la sera tardi dopo le mie rullate notturne, di saperti sconcertata per me.
Quindi dall’alto di tutta la mia presciolosa e irragionevole corsa ti dico: resta come sei, amica mia! Lascia perdere fisioterapisti e mariti corridori e crogiolati nella bella lentezza di tutte le cose che ti appartengono. Non ti affannare e non ti strapazzare più di quanto la vita già non ti costringa a fare. Lento pede va sano e lontano. E fa delle cake meravigliose.
Leggendo tutto quello che scrivo di corsa e nelle rare occasioni di ‘non movimento’ io credo tu capisca di cosa parlo 🙂 La scorsa settimana ho deciso di divorziare dal fisioterapista e provare a fermare il marito… delle due cose la più difficile è stata la seconda e infatti or ora è lì che corre dietro un tagliaerba pur di correre dietro a qualcosa. Io nel frattempo mi godo l’attimo che fugge facendolo fuggire, rimanendo seduta un altro po’ 😀 Secondo me questo dolce ti piacerebbe un sacco!
Tu dirai che io non sono corsa da te a leggere questa ricetta dal momento che ha fatto la sua comparsa sul web, no non non l’ho fatto. Avrei voluto, ma io odio correre. Io sono una che nuota. Diciamo pure che mi sono incamminata, piano piano, ho fatto però uno sprint finale quando ti ho vista insieme ai finalisti del Corriere della Sera, perché l’occasione meritava- pure la torta sia chiaro- la tutina attillata e il volto paonazzo, eccome se lo merita/va! E ci crederai oppure no, ho pure pensato io mi sono mangiata pure le sue marmellate una volta, che onore!
Margherita bella, di marmellatine stipate per te nel gabbiotto abusivo ce ne sono tante tante 🙂 dobbiamo solo capire come incontrarci se con ‘lento pede’ o a ‘a nuoto’ due stili di vita che adoro entrambi e che dicono molto del nostro modo di intenderci!:-)