Di quello che vivo in questo periodo, potrei dire ad esempio dei ricorrenti giorni di mele: di quelle mangiate a morsi, con la buccia e strofinate sulla manica del maglione, solo per lucidare al meglio lo schiocco del primo boccone.
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E poi di quelle cotte la sera, dopo cena o al posto della cena, perché è così che mi convinco di dormire meglio e di ripulire i sogni dall’incubo ricorrente di non sapere assemblare il supplì ideale. E’ tutto un fatto di convinzioni personali e sacrosante, di cui non conviene parlare in eccesso, se utili a scongiurare l’imprevisto e l’accidente.
E infatti, ad esempio, del perché proprio i supplì siano entrati nei miei sogni, sarebbe bello poter dire se non fosse che di questo caso ignoro addirittura la ragione, che era invece più chiara quando sognavo di libri, e di carte varie, con cui scappare solo in caso di furto e incendio non assicurati.
Ad ogni modo di quello che vivo in questo periodo, potrei dire molto di più come della luce fuori e dentro casa: che è la stessa delle mele e del mese di novembre. Ormai la riconosco: plumbea all’aria aperta e opaca in cucina. L’effetto di chiaro scuro è netto e involuto, e non c’è altro da dire se non che è così: fuligginoso e autunnale.
Quanto a me che ormai lo so, dico solo che quando guardo nell’obiettivo cerco il fuoco delle cose così come le trovo disposte al momento: su un tavolo o su un davanzale, ma anche su un gradino e ovunque si facciano trovare in cambio dell’effetto di approssimazione alla verità che ultimamente vedo sempre nella discreta imperfezione del caso.
E’ un fatto di convinzioni, anche questo, personali e sacrosante su cui è inutile discutere più di tanto.
Così di quello che dico e vivo in questo periodo, questo è stato anche il destino delle mele: la pura occasione di trovarsi prima sull’albero, poi in un cesto e dopo sul tavolo, quindi nell’impasto e subito dopo in forno.
Una ricetta, non pensata per arrivare qui, eppure, meritevole più di tutte di esserci per la libertà da cui si è mossa e per l’intenzione promettente di voler essere ‘solo’ buona.
Di tutto questo potrei dire un’ultima cosa che riguarda il sapore buono delle cose non previste e che, chissà perché, è sempre un sapore che stupisce. Ma anche questo è un fatto di convinzioni, per cui.
Ricetta della crostata di mele
Ingredienti:
(Per l’impasto)
- 280 gr di farina (io farro)
- 60 gr di zucchero (io di canna)
- 30 gr di olio evo
- 2 uova intere
- 2 cucchiai di mosto
- 1 cucchiaino di cannella
(Per il ripieno)
- 3 mele
- 1 limone
- 1cucchiaino di cannella in polvere
- 2 cucchiai di zucchero
- 1 manciata di noci
Procedimento:
- In una planetaria impastare tutti gli ingredienti fino ad ottenere un impasto morbido e liscio.
- Lavare, sbucciare e affettare le mele collocandole in un recipiente con acqua acidulata fintanto non sara terminata questa operazione.
- Rimuovere le mele dall’acqua con limone e condirle in un recipiente con tutti gli altri ingredienti.
- Stendere l’impasto in una teglia, lasciandone una parte per le strisce di copertura.
- A questo punto versare nella tortiera l’impasto, disponendo le fettine di mela in modo ordinato.
- Stendere l’impasto rimanente e con una rotella taglia pasta, fare delle strisce di uguale larghezza, con cui ricoprire e sigillare le mele in superficie.
- Spolverare con dello zucchero e infornare a 180 °C nella modalità forno ventilato per 30 minuti.
Ohi boh…
di quello che vivo in questo periodo è meglio che non dica nulla, ma solo perchè non lo so bene nemmeno io…. posso però dire che la luce fuori e dentro casa, che ormai riconosco, che è la stessa delle mele e di novembre io la ADORO: plumbea (quanto amo questo aggettivo) fuori e opaca in cucina.. fuligginosa ed autunnale…che fa tutto da sola (per il chiaro scuro intendo).
Quello di cui sono fortemente convinta, sempre parlando di convinzioni, è che le mele sono il mio frutto preferito.. (quelle piccole, storte brutte e ammaccate ancor di più ), che le crostate sono il mio dolce preferito e che tu, convinta o no di quello che cerchi sul tavolino o sul davanzale, il fuoco lo trovi eccome nelle foto, perchè cara la mia amica dalla madre “fila e fondi”, questa imperfezione del caso che io definirei “essenziale” è quello che a me,ignorantissima in materia, piace di più… l’aderenza al reale vero, che si può toccare con lo sguardo….
Grazie per aver condiviso con noi questa ricetta che non era prevista per qui..perchè io la rifarò sicuramente.. perchè a me il sapore buono delle cose non previste, che chissà perchè, è sempre un sapore che stupisce piace proprio tanto…
Me so mezza incartata ma va bene lo stesso..
un abbraccio
Manù
Eccola là!!!
Mi piace che ormai riconosci la luce di casa e mi piace che ti piaccia l’aggettivo ‘plumbeo’: lo usava la mia mitica Prof di Arte contemporanea, l’imprinting per la definizione dei colori è arrivato sicuramente da lei, in un periodo in cui mai avrei pensato di guardare i colori guardando in un mirino 🙂
E poi mi piace che ti abbia colpito l’immagine di mia madre ‘fila e fondi’ che ha una passione come te per le mele, cosa che fa di te una persona ancor più famigliare, cara Manù con l’accento sulla ù.
E mi piace anche l’aggettivo ‘essenziale’ che tu mi presti per chiarire proprio ciò che ogni tanto provo a dire timidamente riguardo la fotografia e l’unico senso che dovrebbe avere in fatto di ‘rappresentazione’ del reale.
Questa ricetta a me piace molto anche per la sostituzione del burro con l’olio, anche se sto facendo qualche passo di avvicinamento al burro, giusto perché non mi piace avere contenziosi aperti con ciò che è buono a prescindere 😀
Ti abbraccio forte Manù!
Allora un punto in più per la mamma amante delle mele, anche sè se la filava con le sottilette .. e pure a te,il punto in più, che nonostante la ‘vita da materasso’ direi che “sei venuta su proprio bene” (detta come la direbbe la mia di nonna, quella delle 12.15 😉 ).
La prof di Arte contemporanea mi ispira..un po’ come il professore di Francese…
Che bello… piano piano scopro tutta la tua carriera scolastica.. mi piace..
Io ho fatto lo scientifico e avevo storia dell’arte “normale”, ma la mia insegnante di Latino aveva la erre moscia, molto arrotata però… e quando ora utilizzo il termine aborro, mi viene sempre in mente il suo “abovvo” … Che ridere..
Di fotografia nun ce capisco una mazza, però quello che posso dire è che amo le foto non costruite, finte e fatte apposta, dove si vede che è stato allestito, il set… Non che da te non sia allestito, ma non lo si percepisce, cioè è quella costruzione “gentile” che non “ruba” lo spazio alla ricetta, ma semplicemente ce la mostra e ce la rende più invitante.. non so se mi spiego..
Il burro io lo AMO.. fresco sul pane la mattina… lui che tutti lo disdegnano perchè grasso…un po’ come Calimero.. invece a me fa tanto bene.. ppperò, nelle crostate l’olio fornisce quella croccantezza che a me, criceto nell’anima (si,ora che siamo confidenti posso dirtelo: io in un’altra vita ero un roditore) piace da bestia.. Quindi… tu fa amicizia col Calimero della cucina, ma frolla pure con l’olio che ci piace un botto…
Ciao Mitica…
Manù