Di quel ‘crostaceo’ che fui

"ricette&vicende"Che cosa ho fatto negli ultimi 2 mesi?

Ho ricevuto una lettera. Ho fatto un sogno. Ho letto furiosamente il Novissimo Melzi. Ho ‘dovuto’ cercare un nome.

Ho ricevuto una lettera

Così nel giorno in cui i quaranta minuti di corsa per percorrere quattro kilometri si sono ridotti a trentatré, ho pensato al mio giovane fisioterapista.

E’ stato lui a convicermi che correre sarebbe stata la mia miglior medicina.

“Corri e le tue tensioni si scioglieranno” – mi ha detto, con tutta la scienza infusa che in alcuni soggetti è più pertinente che in altri.

Così ho cominciato a correre. E poi a correre sempre più veloce e tutte le mie ‘tensioni’ congenite, ma anche quelle contingenti e circostanziali, hanno cominciato finalmente a sciogliersi, fino al giorno in cui i quaranta minuti di corsa, per percorrere quattro kilometri, si sono ridotti a trentatré.

Ecco quel giorno però malgrado l’ottimismo del momento, ho ricevuto una lettera che mi ha fatto pensare a lui, il mio fisioterapista.

E ho pensato che approfitterò del prossimo appuntamento, per dirgli che l’effetto antidolorifico della corsa esiste e che infatti può servire a sciogliere tensioni fisiche e mentali a meno che uno non riceva una lettera.

Una lettera imprevista e, nella fattispecie, come quella che ho ricevuto io, ché allora neanche tutta la manipolazione del caso può alleviare i sintomi di uno strappo. Uno strappo inaspettato e doloroso.

Ho ricevuto così una lettera, in cui mi si chiedeva con toni più professionali dei miei, di provvedere ad una metamorfosi ‘doverosa’, ché a questo mondo non ci si può svegliare una mattina e presentarsi al mondo come ‘gamberi’, ché ‘gamberi’ si nasce e non si diventa dall’oggi al domani senza colpo ferire. E invece pare che io l’abbia fatto, e anzi ‘osato’, ignorando tutta la legislazione relativa alle parole quando smettono di essere parole e diventano ‘marchi’. Appunto.

Veramente giorni fa ho ricevuto anche un’altra lettera. Bellissima, però.

E la lettera in questione mi è stata spedita da quel mondo reale che per mia fortuna vivo tutti i giorni con il nome proprio di persona di ‘Laura’ e il nome comune e abbreviato di ‘Prof.’

E proprio una mia studentessa talentuosa ha pensato bene di scrivermi, per chiedermi se mai con la Poesia si potrà pensare di salvare il mondo e tutto il suo modo asettico e a-sociale di comunicare.

Ma io ci sto ancora pensando e, infatti, non le ho ancora dato una risposta.

Ché in un altro momento avrei risposto senza ombra di dubbio di si, ché l’unico modo in cui il linguaggio e la comunicazione in genere meriterebbero di esistere è solo e sempre per il potere evocativo di una parola verso un’altra al fine di amplificare il potenziale del messaggio e della suggestione che si intende raggiungere.

E infatti se così fosse veramente nella vita di tutti i giorni, allora si che la Poesia ci salverebbe tutti. E, forse, anche il ‘mio gambero’ si sarebbe salvato. E, invece no. Lui no.

Ma poi ho fatto un sogno.

Ho fatto un sogno

E ho sognato di essere come Erri De Luca, quando un po’ di tempo fa senza avvocato ha scagionato se stesso con un’arringa sulla natura delle parole e il modo di intenderle soprattutto quando si pretende di giudicare ‘colpevole’ qualcuno sulla base dell’uso che ne ha fatto. Delle parole, appunto.

E allora io ho sognato un Signor Giudice in toga nera e parrucca bianca a cui spiegare che nel mio mondo e in quello del linguaggio in senso lato, un’allusione linguistica non procede mai nella direzione univoca di un’associazione, ma anzi anche nella direzione opposta di una dissociazione e della distanza che si vuole conquistare, in termini di autonomia, rispetto a ciò a cui si allude.

E ho anche sognato che la mia arringa funzionava come quella di Erri De Luca sui togati Signori della Corte e che funzionava come il trionfo della parola evocativa sui termini specifici, e che funzionava come funzionerebbe la Poesia se fosse in grado di salvarci tutti.

Ma io ci sto ancora pensando se questo sarà mai possibile e non ho ancora dato una risposta alla lettera che ho ricevuto pochi giorni fa. Quella bellissima, ovviamente.

Quando mi sono svegliata, il mio avvocato che per lavoro e per il mio bene fa ‘la parte del diavolo’ mi ha spiegato che da un punto di vista giuridico non si deve dar luogo al rischio di generare confusione.

Ma mi ha anche spiegato altresì che la confusione, o meglio, la confondibilità deve tener conto della capacità delle persone di discernere ed anche degli ambiti in cui ciascuno si esprime, o meglio ancora agisce. E allora?

E allora il mio gambero non si poteva confondere con nessun altro carapace, soprattutto perché nessuna intenzione di “confusione” mi è mai appartenuta come dimostrano il resoconto di “ricette&vicende” legate indissolubilmente ad un mondo privato che è mio e che non può essere confuso con quello di nessun altro.

Ho letto furiosamente il Novissimo Melzi.

Senza ormai più carapace, ché è diventato pericoloso indossarne uno quand’anche con il nome legittimo di Russo che mi appartiene tanto quanto il nome di Laura e di Ottaviantonio messi insieme, e che fortunatamente convivono pacificamente senza cadere in ‘confusione’ l’uno per colpa dell’altro, ho letto furiosamente il Novissimo Melzi.

"Ricette&vicende"Anzi, un’edizione XXIX, ampliata, riveduta e aggiornata del Novissimo Melzi 1942, 4260 incisioni, 78 tavole di nomenclatura figurata, 1050 ritratti, 12 cromolitografie, Antonio Vallardi, Milano, con tanto di diritti riservati e postilla sul sequestro di copie non munite della firma in calce dell’ Illustrissimo e Pregiatissimo Sig.re Melzi in persona.

Ecco una copia di tal fatta è, fortunatamente, mia ma anche di Giambattista Bodoni e quasi sicuramente di Umberto Eco.

“Nella misteriosa fiamma della regina Loana” di Umberto Eco, lo sventurato Giambattista Bodoni perde in un incidente la memoria, dimenticando solo ed esclusivamente il suo nome e niente di più.

Tutto il resto c’è e rimane nella sua memoria come “la nebbia agli irti colli –quando- piovigginando sale”, come “la disperata solitudine delle rette parallele che non si incontrano mai”, come “Posco reposco e flagito che reggono l’infinito futuro”, come “Millenocentoquarantacinque la fine della seconda guerra mondiale”.

E insomma tutto è memoria meno il suo nome, che può essere recuperato – chissà perché e guarda caso – solo e unicamente per associazione e assonanza a parole affini e, soprattutto, già preesistenti. Ecco.

Così tra i libri dimenticati in soffitta Giambattista Bodoni per scoprire chi era e chi tornare a essere, farà i suoi tentativi tra i quali leggere furiosamente il Novissimo Melzi.

Quello che ho fatto anche io, quando a malincuore ho ‘dovuto’ cambiare nome.

Ho ‘dovuto’ cercare un nome.

Sul Novissimo Melzi ho cercato di scoprire chi ‘poter’ essere e chi tornare ad essere per associazione e assonanza con chi ero e allora sono partita dalla lettera G.

Ricette&vicendeE ovviamente, G : come “gambero” che è la parola che mi guarderò bene dal non usare più neanche al mercato ittico, dovessi mai incorrere nella gendarmeria preposta alla salvaguardia di tutti i gamberi reali registrati all’anagrafe dei gamberi, prima di me.

G come “Galassia” nome dato da Anassagora alla Via lattea e che io pensavo di poter navigare come dimensione libera del web, e, sebbene con l’armatura di un carapace, nel semplice ruolo di autrice delle ‘mie’ vicende personali legate al mondo del food.

G come “Garbo” una parola forse caduta in miseria ma che per me continua ad essere l’unica modalità in cui dovrebbe essere consentito al genere umano di esprimersi: nel rispetto delle parole usate, ma anche a dispetto delle stesse.

G come “Genuino” che per me è sempre stato l’unico cibo che valga la pena di essere mangiato e di cui parlare insieme a tanta di quella vita che amo raccontare e che può ritenersi solo mia e di nessun altro al di fuori di me.

E ancora G come ‘Grillo’, parlante in quel ‘paese dei balocchi’ in cui Collodi, per primo, ha chiamato una locanda col nome di “gambero rosso”. Ecco appunto. Fin qui nulla di nuovo.

Ma poi la lettera G ha preso a condurmi, meglio di una bussola, verso parole più familiari e più adatte a tirar fuori il nome fermo proprio sulla punta della lingua.

Ad esempio, G come “garbuglio” e “groviglio” di quell’intricata matassa che in questi anni sono diventata, impastando “Ricette & Vicende” nella sola maniera in cui so farlo e che può considerarsi non solo una mia proprietà esclusiva, ma anche la mia unica identità possibile.  Ecco.

“Ricette&Vicende” insomma. Due parole che quando scrivo non sanno fare a meno l’una dell’altra semplicemente perché l’una è il filo conduttore dell’altra intrecciandosi in “un’epica familiare” così privata che almeno posso reclamare come mia e di nessun altro. 

Ecco allora “Ricette&vicende” solo mie, ben due nomi che per tutto questo tempo sono stati sotto il mio naso senza che me ne accorgessi, visibili proprio come una verità quando è ben nascosta. 

Quanto al resto questa è la storia del gambero che fui e del nome che ritrovai grazie alla G. di Giambattista Bodoni che a sua volta, rintracciò se stesso nella molteplicità di parole affini non ad un nome preciso, ma ad un’identità mai perduta.

E alla mia studentessa in attesa di risposta dirò, che arriverà un tempo, sicuramente ancora lontano da qui, in cui la Poesia forse salverà il mondo e sennò, salverà solo chi è capace di intenderla.

Per tutto il resto Pazienza.

ricette&vicende

42 thoughts on “Di quel ‘crostaceo’ che fui

  • Non so perché ma quando ho visto l assenza e il cambio nome avevo immaginato che fosse accaduto quello che ti è accaduto.
    Fortuna vuole che tu ci sia sempre con o senza l innominabile capace…non sarà il tuo nuovo abito a tenerci lontani dalla poesia che infondi e ai sogni che ci regali.in bocca al lupo.ti seguiremo sempre

    • Mariangela cara, mi dispiace non essere riuscita ad incontrarti questa estate mentre migravo dal mare verso i monti della tua bella terra, ad ogni modo questo non mi ha impedito di sentirti vicina comunque soprattutto perché in quei giorni migrava anche il povero gambero!ti ringrazio tanto per tutto!torneró presto in basilicata solo per te

  • Non c’è fine al peggio, quand’anche il peggio è la pochezza. Se tu non fossi tu, dei carapaci nessuno si sarebbe mai curato tanto e solo per dispetto mi verrebbe voglia di dar via ad un “gambero rosso fuoco”. Ma tu sei tu, non di pochezze, ma moltitudini, di ricchezze, di ricette e di esilaranti vicende delle quali attendiamo il seguito. Un libro i cui capitoli si scrivono un po’ per volta, un post dietro all’altro, tra una ricetta e un fotogramma. Perché tu sei tu e con la poesia che sei già salvi il mondo, il tuo personale. Perché le ricette e le vicende di un gambero russo, rosso di passioni, noi non le dimentichiamo. Prendiamo a mani piene, con gratitudine, quello che fu e quello che verrà. E in un tempo che fu, ma anche in un tempo che è, ci rendono più chiaro come certi gamberi siano proprio diversi dagli altri. Meravigliosa, sempre!!!!

    • Rebecka grazie di cuore ❤️ Questo post si porta dentro tutto quello che veramente non sapevo come raccontare per tanti motivi. Il tuo commento è l’equivalente di un bell’abbraccio. Ti stringo forte anche io

    • Mimma cara, sono stata per due mesi così anche io, senza parole… che proprio le parole potessero diventare un problema nel web io non l’avrei mai immaginato, che proprio le mie potessero dare fastidio altrettanto. Ma non è un problema, vado lo stesso avanti continuando ad usarle tutte, che il concetto della proprietà privata anche sulle parole continua a sfuggirmi e anzi tutta questa storia non smetterà di essere nella mia testa più ridicola che melodrammatica

  • te l’ho scritto in privato e te lo ripeto anche qui.. solo tu potevi raccontare questa “vicenda” con la grazia e la delicatezza che ti contraddistinguono.
    e i gamberi (di qualsiasi colore e ragione), che se lo sognano un uso della parola così fine e sagace, non sanno che il carapace di cui ti hanno privato non ha fatto altro che liberare questa bellissima farfalla che sei 🙂
    una rosa cesserebbe d’avere il suo profumo se la chiamassimo con un altro nome?
    ti voglio bene bellissima amica mia

    • E io ti dirò che solo quell’uomo straordinario di tuo padre poteva avere il Novissimo Melzi sempre pronto e a disposizione, lo adoro!quanto a noi cara Barbarella avremo modo di festeggiare in modo molto alcolico quanto prima, per il momento ti abbraccio fortissimo!❤️

  • Peggio per loro mi verrebbe da dire, peggio per quei gamberi che furono onorati di essere menzionati in questo spazio, peggio per loro (loro malgrado) perché è la sostanza quella che conta, è la tua essenza che a me piace tantissimo! Va bene così!!!!

    • Si Enrica, non possono esserci argomenti tra chi usa le parole e chi se le compra. Il giorno in cui le parole non saranno più un bene comune avremo semplicemente guadagnato un grande silenzio… mi chiedo cosa ce ne faremo. Ti abbraccio!

  • Con o senza gambero che cambia? il carapace è un abito, forse anche una corazza più che un abito, serve alla difesa, forse era giunta l’ora di disfarsene. Che sai… il cambiamento è sempre cosa bella a mio avviso. smuove il cosmo e l’universo, ci accompagna verso il nuovo e l’essenza stessa della vita.

    • Hai ragione Lara 🙂 la penso come te e l’idea di andare avanti lo stesso mi piace fosse anche per dimostrare che perdere ‘una’ parola non vuol dire ‘perdere la parola’ 😀 Un bacio!

  • ma lo sai che…son felice dopotutto! Che mitica che sei! Ci starebbe un bel brindisi e un’altra cena insieme! Io rivoglio i tordi dell’Ale e la tua focaccia con la pasta matta!
    Un forte abbraccio! Avanti tutta!

  • Concordo in pieno con Barbara. E se si sono sentiti in necessità di smuovere l’avvocato, vuol dire che sono diventati davvero in tanti, là fuori, a leggere le tue belle Ricette e Vicende. E non è a caso, perché scrivi davvero divinamente.

    Oh, dovrò mica preoccuparmi che Plinio il Vecchio mandi l’avvocato anche a me?! Per fortuna non ho tutti ‘sti lettori, sennò si sarebbe già mosso pure da un remotissimo aldilà 😀

    • Claudia io penso che con Plinio il Vecchio non corriamo rischi e neanche con Plinio il Giovane se consideriamo che si parla di personaggi che ci hanno permesso di ereditare una cultura e non l’hanno messa sottochiave 😀 Sai loro che risate si farebbero su una questione come la mia 🙂 Ridiamoci pure noi che è l’unica cosa possibile, ti abbraccio forte e spero di poterti rivedere presto!

  • Non ti nascondo che faccio fatica a lasciare un pensiero su questo post. È come se avessi mille parole in bocca e nessuna allo stesso tempo. Ch’io non so se sarei stata altrettanto garbata e poetica in una situazione simile, ma poi che conosco la vera essenza celata sotto il nostro tanto affezionato carapace Russo, mi piace pensarla come Lara: si chiude un mondo per spalancarsi un universo.
    Certo è che senza gambero possiamo stare, senza te no. ❤

    • Debora 🙂 si proverò a consolarmi con tutti i nomi consentiti dall’anagrafre a partire dal mio stesso nome di battesimo che a suo modo allude alla storia di metamorfosi e di rinascita 🙂 io segretamente ci spero 😉

  • allusione e libertà.
    allusione è libertà.
    “La rosa è senza perché, fiorisce perché fiorisce; non pensa a sé, non si chiede se la si veda oppure no”.
    (Angelus Silesius, poeta, mistico e religioso tedesco del ‘600).
    Il tuo aplomb irriverente ha un acre retrogusto mistico, dacché sai bene che lo stesso gambero non si fa domande (e nemmeno pensa di dover riaffermare, a ritroso, i suoi paletti identitari, non sapendo discernere se essere cosa o nome che la menziona).
    E comunque a lor signori dico a gran voce: ceci n’est pas une pipe (Magritte).

    • Caro Silesius sono d’accordo con te qualunque forma di allusione è gioco e dimostrazione di estrema libertà di chi la possiede, chi non capisce non solo non è libero abbastanza ma ha bisogno di trovare tranquillità limitando la libertà altrui, così semplicemente ‘tutto sembra sotto controllo’ pur non essendolo affatto. Se non sembrassi troppo mistica direi “Beato chi ci crede” 😀

  • Come ti voglio bene, ora più che mai. Ti ho vista una volta ma mi sento di dirtelo. Perché solo tu potevi rispondere con tanta grazia, saggezza ed erudizione a tanta ridicola tracotanza. Come l’elefante che ha paura del topolino. Forse perché sa che il topolino vale più di lui.
    Ricette e vicende è un nome bellissimo, e trovo che ti rispecchi. E mi piace troppo il modo in cui sai usare le parole…sono una forza di cui spesso non siamo consapevoli.
    Un grande abbraccio.

    • Grazie Alice 🙂 sono felice tu mi riconosca nel nuovo nome e ti assicuro che il poco tempo passato insieme mi fa sentire altrettanto vicina te nello stesso modo. Quanto a certe storie di ‘elefanti e topolini’ sono d’accordo con te raccontano il ridicolo dell’assurdo 😀

  • Viste tutte le fasi: l’ansia, la rabbia, la preoccupazione,la soluzione, la migrazione/transumanza, la soddisfazione e finalmente il relax meritato. Nel tuo post le racconti tutte. Le vicende dei Russo continuano a dispetto di chi mette i bastoni tra le ruote!
    Silvia

    • E si e non solo tutte le fasi sono state condivise ma sono migrate insieme a noi, anche se noi eravamo sempre un passo più avanti a parte in questo momento in cui tu, più stoica di me, dormi sulla nuda roccia 😉

    • Marianna bella grazie mille 🙂 si ‘rimanere letteralmente senza parole’ è successo anche a me 🙂
      fortunatamente però questa sensazione non è durata a lungo e anzi credo sfocerà con più consapevolezza nel suo contrario 😉 ti abbraccio

  • L’ho letto almeno tre volte questo post. Ha una potenza infinita e ho voluto gustare fino infondo, ogni parola. Ciascuna frase sprigiona, in realtà, una libertà che non è stata per nulla scalfita. Colpita, ma resa più forte dal colpo ricevuto, come se la forza di questo fosse stata rispedita al mittente decuplicata. Cara Laura non ti conosco, ma il sapere che tu ci sei mi rende più felice di abitare questo mondo, perché c’è tanto bisogno di bellezza, profondità, competenza e cultura. E di poesia, di tutta la tua poesia.

  • Cara Roberta è successa la stessa cosa a me 🙂 ho letto il tuo messaggio un infinito numero di volte perché contiene proprio quel tipo di incoraggiamento che speravo di ricevere! Grazie Roberta, il fatto che tu mi conosca poco potenzia ancora di più l”effetto del tuo affetto’ nei miei confronti 🙂 e sono sicura che conoscerti sarà un piacere ancora più grande!a presto!

  • Cari Laura e Marco, mi sento di scrivere a entrambi perchè questo luogo non posso immaginarlo che così, come casa vostra. Eventi o persone a volte intervengono sulla nostra vita obbligandoci a un cambiamento, a volte tanto radicale da investire persino il nostro nome, in cui confidiamo tutta la nostra identità. Ho pensato spesso a questa vicenda della lettera, non appena ne ho ricevuto notizia e ogni volta all’istante mi passavano veloce davanti agli occhi tutti gli anni fatti di immagini, pensieri, sapori, scoperte, amore di questo luogo. Delle prime volte che venivo qui, proprio alla sua nascita, dell’immaginazione che partiva in me, la felicità di sentire di aver trovato qualcosa di bellissimo, sperando durasse tanto nel tempo. Sapere che qualcosa stava per cambiare, mi ha dato la stessa paura di una separazione, il pensiero che quello che era stato non sarebbe tornato come prima…Ci ho messo tanto a scrivervi un mio pensiero, perchè pure io ho avuto bisogno di elaborare davvero quello che è successo e ora sì, sono arrivata alla fine di questa storia che mi sembra un inizio ancora più felice del precedente e, non so ancora bene il perchè, ma mi sembra quasi una benedizione tutto quello che è accaduto. Forse perchè così sappiamo che davvero, qualunque cosa accada, persino di fronte a chi vi constringe a cambiar di nome, voi resterete sempre voi. Bellissimi.

    • Cara Valentina, perdonami se ti rispondo in ritardo ma in effetti in questo c’è di buono che ad oggi tutto è stato metabolizzato un po’ come succede quando le cose inevitabili ma anche tutto sommato non importanti 🙂 Ciò che di bello resta è soprattutto l’affetto dimostrato che ho sentito forte e chiaro e che ha incoraggiato di più la voglia di vivere il cambiamento con un nuovo nome e insieme a te che ci sei da sempre!Ti abbracciamo forte!

  • Ciao Laura 🙂

    devo dire che ho letto più volte il post e non capivo. Sono stata lontana da questo spazio, ma nella mia lista vedevo ogni tanto il gambero russo. Per capire solo adesso, facendo l’aggiornamento, che il gambero se n’è andato. Ma solo la parola…
    Invece tu sei ancora qui! 🙂 E questa è una bella trasformazione, davvero una bella!
    Un grande abbraccio,
    Ulica 🙂

    • Ciao Ulica cara, si un gambero se ne è andato ma io no 🙂 Io ci sono sempre e ti mando il mio abbraccio forte come sempre ogni volta che ti vedo da queste parti!

    • Amica mia 🙂 chi lo sa? ma quanto rumore avrò fatto senza che non me ne accorgessi?Il nostro scambio epistolare aveva già in sé il bello delle ‘parole in libertà’ tra il sapore delle tue ‘lezioni’ e quello del mio amico ‘crostaceo’ 🙂 Non ci siamo allontanate molto a dispetto del tempo passato e della distanza e questa è la cosa più bella del ritrovarci!

  • M-E-R-A-V-I-G-L-I-O-S-O!!!!!!
    Tutto. Il capace ormai perduto, il gambero nudo, la nuova veste, il nuovo nome, ma soprattutto TU!
    E la tua scrittura è un incanto.
    Arrivo molto tardi con questo commento, perdonami, ma ti dico con tutto il cuore BRAVA e buona ripartenza!
    Un bacio grande!!!

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