“Dove stiamo dunque andando?
“Sempre verso casa”
(Novalis, Enrico di Ofterdingen)
Casa. Una ‘meta’, o forse più una sensazione, che per qualche strana ragione mi è capitato di trovare spesso in Grecia. Chi mi conosce lo sa: la mia estate è irrimediabilmente ellenica. E anche quest’anno è stato così, pur orientando la mia bussola verso itinerari rimasti inesplorati. Ad esempio Itaca.
Itaca. Un appuntamento troppe volte rimandato: quasi quante il numero degli approdi mancati dal leggendario ‘figlio di Laerte’. E se anche una sola strada compie il periplo dell’isola e una morfologia accidentata non favorisce il facile insediamento, è pur vero che proprio queste due condizioni hanno permesso al territorio di conservare un aspetto originario e la giusta atmosfera ‘libresca’ che il mito racconta.
In effetti aveva ragione Telemaco in visita a Sparta, quando spiegava a Menelao: “Non vi sono, a Itaca, prati né ampie strade: è terra di capre, eppure è più amata di una terra che alleva cavalli. Nessuna delle isole adagiate sul mare è ricca di prati, di strade per carri: Itaca meno di tutte.”
E questo spiega chiaramente perché il mare sia uno dei punti di vista migliori per girare l’isola: approdando e ripartendo un numero infinito di volte a seconda delle spiagge o delle insenature che catturano lo sguardo da lontano. Ad esempio la Baia di Afàles, una delle poche spiagge di sabbia incontrate.
Non manca un certo incanto anche nei piccoli villaggi, come ad esempio nel porticciolo di Frikes, che offre ristoro a chi arriva dal mare, senza la pretesa di essere turistica. D’altronde è in luoghi come questi che si è sicuramente in Grecia.
Frìkes. Si tratta di uno dei tre porti di attracco dei traghetti, oltre Pìsso Aetòs e Vathì, capoluogo dell’isola. Il piccolo villaggio di pescatori è incastrato tra due scogliere coronate da antichi mulini a vento, con qualche casa in pietra, fronte mare, che da all’insieme un non so che di affascinante, come i caffé all’aperto davanti alla baia di ciottoli.
Particolari. E alla fine sono sempre i particolari ad attirarmi. Particolari che negli anni ho imparato a riconoscere e che non smettono di esercitare un certo fascino sul mio occhio. Sarà per questo forse che anche l’obiettivo preferisce, alle ampie vedute, gli istanti rubati: quelli di un’aragosta che dalla rete del pescatore passa sulla bilancia di una cucina aperta sulla strada, sono gli stessi che impiega l’artigiano, seduto con le gambe incrociate, a moltiplicare cestini. Contagiata da tanta simultaneità di eventi, mi ritrovo anch’io a fotografare aragoste giganti con un cestino sotto il braccio. Ma non sono questi gli unici particolari che mi colpiscono. Ad esempio ci sono i gatti.
I gatti. Accolgono chi arriva dal mare fiduciosi di ricevere le dovute attenzioni. Sono loro i padroni dei luoghi, vivono in taverne, spiagge, ‘studios’, caffé. Nessuno li allontana, non c’è luogo pubblico da cui siano esclusi. Perfettamente in sintonia col senso della vita greca e delle sue pause, interminabili.
Le capre. Anche le capre s’incontrano facilmente ovunque: per strada, sugli usci delle case, davanti le chiese. Barbette pelose, sagge di boschi non soffrono vertigini neanche sulle pareti più lisce. Occhi nocciola di uomo antico, forse satiro forse no, istinto puro, semplicemente ti guardano.
Dopo aver preso nota dei miei ‘particolari’ ricorrenti, è stato possibile riprendere la strada del mare. Tra la resistenza delle onde e di venti non sempre favorevoli, spinti dalla voglia di conoscere quante più spiagge possibili da scorgere dalla nostra imbarcazione, io ho covato in segreto la mia aspirazione: tentare di riconoscere, tra tante, la spiaggia che per prima accolse il naufragio di Ulisse. Alla fine, desiderosa di risposte a tutti i costi, ne ho scelta una: quella in cui ulivi secolari scendono fino al mare regalando un po’ di ombra al forestiero o al ‘naufrago’ che vi sbarca.
Eudeielos. Dopo tante sfumature d’azzurro ecco che mi torna in mente l’aggettivo più appropriato per definire Itaca, la più solitaria delle isole dello Ionio almeno dal tempo in cui Proci arroganti l’occuparono senza diritto. “Eudeielos”, ricca di sole. Eccolo il significato ambiguo con cui Omero ha provato a rendere l’idea di Itaca simile a una gemma di mare, ed è esattamente questa l’immagine che conservo ancora adesso negli occhi.
Fiskàrdo. Arrivare a Fiskardo col gozzo che ci ha rivelato tutte le bellezze di Itaca, vuol dire ritrovarsi in un batter d’occhio nella vita turistica più attiva di Cefalonia. Si tratta di un porticciolo da cartolina grazie ai colori accesi e a un vivace movimento di turisti, che sorge all’estremità nord dell’isola. La cura delle case cariche di fiori ad ogni angolo della strada la rendono certo apprezzabile alle orde di visitatori che sbarcano dai traghetti con l’ inquietante regolarità di un metronomo. Per me che non amo sgomitare nella folla di stranieri, Fiskàrdo è godibile il tempo di una tiròpita al formaggio.
Mirtos. E’ sicuramente la più bella baia dell’isola: ce lo dice anche la signora inglese che carichiamo a bordo per evitarle i faticosi tornanti che portano in spiaggia. Bella è bella, anzi bellissima ma sicuramente i greci possono goderne di più di noi, magari a maggio quando è deserta. Ricordo di averla fotografata un anno fa senza accorgermi di aver camminato sul muretto di un precipizio: in quell’occasione nessuno si è permesso di disturbare quegli scatti per timore di destare la mia proverbiale vertigine per gli abissi. Quest’anno invece per immortalarla da vicino ho deciso di sfidare il caldo che nella baia di Myrtos si deposita come uno spessore sugli ombrelloni dei bagnanti, togliendo la sensazione di ossigeno. L’ho girata in lungo e in largo per cercare di rubare tutto l’azzurro dell’acqua che diventa subito profonda.
Baia di Foki. Mirthos non è l’unica baia che abbiamo voluto rivedere, a Foki avevo nascosto la mia promessa di ritorno proprio sotto i sassi della grotta scavata nella montagna.
Questa volta però prima di raggiungere il mare ho scelto la strada più lunga, quella da percorrere a piedi, lungo i muretti a secco carichi di capperi e tra gli alberi di mandorle di vecchie abitazioni abbandonate. Quando sono arrivata finalmente a Foki ero carica di mandorle, capperi e origano raccolti lungo il tragitto, ma anche di racconti di case e paesaggi colorati come acquerelli di un bambino.
Agìa Jerousalim. Quando abbiamo spaccato tutte mandorle raccolte e messo sotto sale i capperi, eravamo già ad Ag. Jerousalim. Tornare da Odisseas e Dionisìa è stato veramente come ritornare a casa. Sprofondare nel loro abbraccio e insieme ritrovare intatti tutti i profumi dell’aria e della cucina dolciastra di Dionisìa è stato come risentirsi bambini, in quella parte felice di infanzia in cui ci si sente assolutamente protetti e protagonisti allo stesso tempo.
Odisseas e Dionisìa. L’anno scorso ci hanno accolto offrendoci ospitalità sotto l’ombra del grande leccio, al di là del recinto azzurro, e ci hanno coccolato con i piatti più tradizionali della loro taverna. Quest’anno hanno aspettato il nostro ritorno. In fondo ‘Odisseas’ può essere un nome ‘ad arte’ per spiegare il significato simbolico del ‘ritorno’ e lui, con quel nome, per me è il personaggio più adatto a rappresentarlo. Tuttavia quest’anno ho la sensazione che Odisseas abbia dismesso l’abito eroico e si sia piuttosto trasformato in un ‘mangiatore di loto’ appendendo al chiodo la sua proverbiale curiosità.
E si Odisseas e Dionisìa, secondo me, mangiano loti e ne offrono al forestiero che stregato dal nettare zuccherino del frutto si arena ad Agìa Jerusalim dimenticando l’aspirazione al viaggio. Ci è successo un anno fa. Ci è successo anche quest’anno.
Così l’isola che l’anno scorso ci aveva catturato ha saputo stregarci anche quest’anno, offrendoci nuovi punti di vista: ad esempio quello del mare.
Il punto di vista del mare. Il mare, quest’anno, ci ha regalato in più di un’occasione sensazioni di nomadismo e casualità mai provate: abbiamo attraversato tratti di costa a seconda dei venti più o meno favorevoli “secondo la volontà degli Dei”, direbbe un greco. E noi, in effetti così ci siamo sentiti in balia del caso e delle onde a seconda dei mezzi a nostra disposizione: canoe e piccoli gozzi ci hanno regalato scenari dalle infinite variazioni tonali di azzurro e l’esperienza di bagni in veri e propri ‘acquari’ ricchi di molteplici forme di vita.
Mi sono aggirata anche quest’anno per strade più o meno popolate sbirciando la vita nelle case attraverso finestre aperte davanti la mia curiosità: ne ho fotografate tante, da quelle colorate in eccesso un po’ troppo artefatte, a quelle disabitate a cui il tempo ha regalato il fascino decadente del vecchio stile. Di queste ultime mi hanno compito le porte, le grate ‘saracene’, i chiavistelli per serrature fuori misura e fuori tempo.
Di tanta familiarità verso luoghi e persone così lontane dalla mia quotidianità, ho provato a cercare delle ragioni a caso. E di tante cercate alcune le ho trovate nei ‘luoghi’ più impensati.
Prima ragione. Una ad esempio l’ho trovata nel primo sorso di resinato che Odisseas ci ha offerto come segno di benvenuto. Il vino di Cefalonia non ha il sapore aspro della retsina greca che a me piace tanto e pur trattandosi di Robola, anche quest’anno ho creduto di sentire nel vino locale l’aroma dei pini di Aleppo. Forse perché è lì, nel fondo del bicchiere, che la prima volta ho individuato la mia prima sensazione di Grecia.
Seconda ragione: ouzo. Dopo cena, Odisseas ci ha viziato ogni sera con i dolci della casa fuori menù. Si trattava di assaggi che arrivavano direttamente dalla cucina per noi da parte di Dionisìa. Poi, arrivava anche il momento dell’ouzo.
Ouzo, una parola chiave sulla bocca dei greci: sinonimo di una lunga pausa, si può sorseggiare un tempo interminabile se allungato con acqua e ghiaccio e dovutamente accompagnato ai pistacchi. In realtà si può decidere di dedicarsi al primo sorso di ouzo sin dal primo pomeriggio e continuare fino a tarda sera per un piacere che i greci sanno concedersi a loro modo “sigà sigà”, piano piano senza pensieri di fretta. Un’abitudine insomma che si addice così tanto alla mia indole, che ho pensato di trovare anche in questo rito un’altra possibile spiegazione alla sintonia tra me e queste persone.
Terza ragione: ‘fuori tempo’. “Fuori tempo” sembra la vita in questi luoghi, ecco cosa mi piace. Mi sono ripromessa di riportare questo souvenir dalla Grecia per provare ad essere ‘al di fuori del tempo che corre’ e un po’ più ‘dentro il tempo che si concede’ come il tempo di questo racconto che ha voluto dilungarsi fin qui.
C’è gente brava in giro… e poi ci sei tu, UNICA! 🙂
MI sei mancata Laura!E in questi azzurri riesco a cogliere tutta la bellezza intatta di un paese che già amavo.
Manco da troppo in Grecia e i tuoi racconti non possono che farmi venire ancor più voglia di ritornare.
Capre e ouzo me li ricordo bene, hai dato una bella spolverata alla memoria!
Un bacio a tutti!
Io voglio restare qui, dentro il tuo post! Dentro questa magia che ho respirato tra le tue foto e le tue righe!
Dimmi che posso!?
Manuela
Grazie cara, ma lo sai che oggi a lavoro ci siamo chiesti in molti in quale mare stai navigando?Ti mando un grande abbraccio e spero tanto di rivederti presto!;-)
Manuela
Cara Manu, sapessi quanto ti ho pensata anch’io!!!:-) Da queste parti resta in piedi proposito e convinzione a ripartire ancora, questa volta però verso i tuoi paesaggi 🙂 potremmo raccontarci il tempo trascorso tra ouzo e pistacchi sigà sigà 😉 Un abbraccio forte!
Elisa
Elisa ma come me lo chiedi pure?Tu puoi restare qui dentro tutto il tempo anzi ‘fuori tempo’ per trattenerti il più possibile!Un bacio!
Laura, mi sono tuffata nell’azzurro del mare ellenico, ho guardato una capretta scappare via e un gatto fare le fusa. Ho sentito il calore del sole sul viso e visto Ulisse sparire in lontananza e, infine, ho raccolto le mandorle e i capperi e sostato sotto gli ulivi grazie a questo meraviglioso post.
Si parla tanto di “mal d’Africa” e credo sia una cosa simile al “mal di Grecia” perché anch’io ho avuto la fortuna di andarci più volte e la prima è stata letteralmente magica perché era in tempi non sospetti e in una zona della Grecia, il Peloponneso, dove si parlava ancora e solo la lingua madre dove c’erano villaggi incastrati tra le rocce e poi subito a picco sull’acqua dove si ergevano enormi scogliere che, in tempi antichi, facevano da barriera naturale ai velieri turchi…insomma, hai riacceso in me una gran voglia di “Odisseas” 😉 grazie
sono completamente rapita.. persa in tutto questo magnifico blu e nelle parole del tuo racconto.. sognando un po’ le vancanze che mi sono mancate quest’anno.
una meraviglia signora mia, buon rientro!
Barbara
Che bello! Cara Barbara sono felice di averti rapita non sai quanto!Strano rientrare con la testa nei traffici della nostra bella e ingombrante città 🙂 al tempo stesso però non sai quanto mi è mancato lo scambio con questo nostro mondo di parole e immagini, ecco perché sono felice di ritrovarti!Un bacio!
quanti ricordi meravigliosi a Cefalonia ed Itaca, il mio cuore è rimasto lì, quest’anno la vacanza nella vicina isola di Lefkada non è stata minimamente paragonabile a quella nelle altre due isole….le tue foto meravigliose mi hanno messo voglia di ritornare, un bacione e grazie per averla condivise
Marianna
Ciao Marianna!Il tuo commento mi è sfuggito e non sai che piacere è stato recuperarlo e scoprirti ‘affetta’ del mio stesso ‘male’… appunto il ‘mal di Grecia’. Non riesco neanche a pensare ad un’estate senza Grecia, a molti può sembrare monotonia, per me è nostalgia pura che sento di dover appagare. Anch’io ho amato fortemente il Peloponneso e soprattutto la sua parte più selvaggia a Sud, il Mani… immagino che tu faccia riferimento a quei luoghi, vero?Un giorno un Greco mi ha detto che la distanza tra gli abruzzesi e i greci è minima: noi tra pecore, loro tra capre riusciamo ancora a conservare qualcosa di primitivo e originario. E io, ovviamente, mi sono voluta aggrappare a questa banale riflessione per giustificare qualche grado di parentela che sento di avere con questa terra. E’ un piacere quindi scoprire che non solo il nostro amato Abruzzo ma anche la Grecia ci rappresentino tanto!Un abbraccio!
Chiara
Ciao Chiara, Lefkada come tu ben sai è un passaggio obbligato per chi vuole raggiungere Cefalonia dall’ultimo lembo di terra rimasto a disposizione. Proprio questo ci ha permesso di conoscerla bene e scoprire spiagge meravigliose, per qualche strana ragione però non mi sono mai ritrovata a parlarne come merita. Spero avrai modo di rivalutarla oltre al fatto che ti auguro di tornare presto a Itaca e Cefalonia!Un bacio!
Oddio Laura ma che meraviglia! foto, parole e emozioni… quell’azzurro stamattina mi è entrato nel cuore, facendomi ricordare una terra splendida che amo e da cui manco da un bel pò…. un incanto, grazie per averlo condiviso:* ti abbraccio e buon settembre:*
Ho voluto ritagliarmi il tempo necessario per leggere accuratamente il tuo post e per guardare le foto con calma. Laura, quanto vorrei preparare una valigia con lo stretto necessario e partire alla scoperta di tutti questi luoghi magici. Non ho mai visitato la Grecia, ma è da molto tempo tra le mete dei miei sogni… Chissà, magari a maggio riuscirò ad andarci!
Le foto sono una più bella dell’altra e le tue parole sono una preziosa colonna sonora per capire le sensazioni vissute.
Bentornata e a presto!
CHE POSTI DA SOGNO!!!!!!!!
Simona
Grazie Simona 🙂 che piacere allora se sono riuscita a portarti indietro, se poi con questo racconto sono anche riuscita a farti tornare la voglia di esplorare la Grecia ancora una volta, sono felicissima!Grazie a te che sei sempre così dolce e affettuosa!
Virginia
Cara Virginia ma lo sai che ho scoperto la Grecia tardi, anzi tardissimo!Forse è per questo che il rivederla non mi basta mai 🙂 e pensa un po’: la prima volta che l’ho vista avevo solo uno zaino in spalla e questo mi consentiva di salire in ogni momento su traghetti o mezzi d’altro tipo senza troppo pensare a dove stessi andando. Ecco lo scoperta così. E così continuo a scoprirla ogni anno coccolata dal forte senso di ospitalità per cui i Greci rinomati dai tempi di Omero. Ti auguro di scoprirla presto!Maggio è un mese perfetto!
Chiara
🙂 Grazie bella!
Che bello, si rimane semplicemente senza parole dopo il tuo racconto di foto e parole. Semplicemente che bello.
Non sono mai stata in questi posti, altri in Grecia si ma queste tue foto fanno sognare!! davvero bellissime e raccolgono l’essenza del posto!
Priscilla
Ciao Priscilla!e tu dove sei in questo memento e quali racconti mi aspettano della tua estate e dei tuoi progetti futuri?Sono anzi, siamo curiosi!;-) Un bacio dai ‘russi’.:-)
Tiziana
Ciao Tiziana, benvenuta 🙂 è un piacere averti raccontato di posti nuovi e aver fatto così la tua conoscenza!Grazie 🙂
Ecco cosa significa “tornare a casa”. Mettermi al pc, comoda, con Ulisse che dormicchia sul divano, venire a trovare le persone (speciali) che mi sono più mancate, fermarmi con calma a leggerti e in questo caso a RESPIRARE immagini, bevendole tutte, una dietro l’altra… e riconoscendoti dentro le inquadrature, perchè ormai conosco il tuo occhio, la tua sensibilità, il tuo modo di catturare dettagli…
La Grecia è davvero un’enorme fonte di ispirazione per te, io per ora la vivo attraverso i tuoi racconti ma fremo dalla voglia di andarci per davvero… e tuffarmi in un celeste che raramente si trova, in posti ancora puri che mantengono intatto il sapore delle cose vere, “laterali” e un po’ selvagge, solo per pochi… solo per chi sa apprezzare…
Bellissimo post, da sfogliare e risfogliare come fosse un album fotografico!
Fracesca
Cara mia sapessi quanto ho aspettato questo tuo rientro, forse quanto te, e anzi in realtà io resto ancora in attesa del tuo appassionato racconto e non sai che curiosità provo nell’attendere di vedere le tue foto e conoscere i luoghi della vostra bella vacanza 🙂 insomma poi si sa che le chiacchiere forse arriveranno prima tra l’angolo delle poste di Piazza Bologna o piazza Verbano, magari da ‘susina’ 🙂 A prestissimo!
Tutte le foto sono incantevoli, ma una ė magica più della altre per il soggetto sornione e non si tratta del gatto
Nené
E lo so a chi alludi… ‘a quel gambero’ che veramente si chiama ‘russo’ 🙂 e si lui è il mio Apollo 🙂 ma io e te nel giudicarlo siamo di parte 😉