Cinque minuti alle tre del pomeriggio di uno degli ultimi giorni dell’anno, ho scattato una foto alla luce perpendicolare sulla Torre dell’orologio di Todi. In quel momento non pensavo a cosa sarebbe accaduto cinque minuti più tardi semplicemente perché lo ignoravo. Qualche certezza del nuovo anno, invece, c’era già:
ad esempio pace e serenità con tutti i miei cari, compresi gli gnocchi di mia madre. Anche se non sono gli gnocchi, il mio argomento.
Sei giorni prima…
E infatti già a Natale mi era stata inoltrata specifica richiesta. Direttamente col dito indice e scorrendo dalla galleria delle foto di ig, come si trattasse di un menù: “Vogliamo questo…” – dice mia zia, indicando un impasto ancora nel cestino di lievitazione e ha aggiunto – se poi riesci a farne due è anche meglio!”
Ecco perché in uno di quei negozi di prodotti tipici dell’Umbria, davanti ad una ricca scelta di farine di mais aromatizzate, alcune al tartufo altre ai funghi porcini, mi sono ritrovata a pensare solo ed esclusivamente ad un pane, a più di un pane, e non oltre.
La presenza di ben cinque famiglie intenzionate a brindare il primo dell’anno, ma anche a ritrovarsi malgrado il tempo e gli spazi non siano più quelli di una volta, può essere un’occasione tanto entusiasmante quanto impegnativa: ecco perché ognuno ha assunto dei compiti e dei ruoli precisi sul da farsi.
Quanto a me anche quest’anno non ho potuto sottrarmi dalla stimata produzione di parrozzi e caggionetti che mi sono stati richiesti, oltre a tutto il pane che nei giorni di festa non dovrebbe mai mancare.
Noi: ieri, oggi, domani
La casa di campagna che ospita questo genere di incontri di famiglia è sempre perfetta non solo per la presenza di due ampie cucine, divani e letti a non finire, ma anche per l’illusione del ritorno ad una vita in comune, in famiglia, in Abruzzo.
Ecco perché malgrado l’impossibilità del caso ci ripetiamo nei soliti discorsi di sempre su quanto sarebbe bello: abitare anche il rudere di fronte, col campo di grano; tornare ad essere un’unica tribù, come al mare in estate; richiamare all’appello anche i nostri vecchi che hanno lasciato il posto ai più piccoli che non siamo più noi.
E noi infatti, che nell’ordine di nascita, siamo ancora “Lauretta, Paulo, Chicca e Marcolino” eravamo ora i “bardasci” ora li “citili”, ma pur sempre i bambini dell’intero gruppo.
Agli occhi dei nonni diventavamo ora “ ‘scti poveri bardasce” ora “ ‘scti poveri citil” se rimproverati troppo severamente dagli adulti e così anche noi ci sentivamo per convenienza un po’ ‘poveretti’, ma mai incompresi fino in fondo.
Nessuno di noi ha realizzato il sogno di diventare astronauta o ballerina e fortunatamente nessuno lo rimpiange, anche se sul divano e sotto una coperta che ha lasciato come al solito scoperti solo i piedi “imbabbucciati”, ce lo siamo confessato sommessamente: quanto sarebbe bello mollare tutto e tornare un po’ citili e un po’ bardasci anche solo per un’ora?
“Due passi in dietro”
“Due passi indietro” diceva nonna Irma quando tra storie di guerra e sfollamento si perdeva qualche pezzo. E in effetti anche a me capita spesso di perdere pezzi o peggio: di sovrapporli e di cambiare l’ordine delle cose come meglio si presentano.
Però “due passi indietro” sono necessari: perché in effetti dal giorno in cui sono partita dall’Umbria e arrivata in Abruzzo, in mezzo c’è stato anche il Lazio.
E infatti rientrata a Roma mi sono data un tempo di permanenza limitato a sfornare tutto il pane richiesto. Mi sono ispirata a ricette e sperimentazioni ormai collaudate che eseguo e fotografo nell’immediato, ma di cui non parlo mai abbastanza tra le ‘ricette e vicende’ che preferisco.
Si tratta di tutte quelle storie di farina col prepotente fascino del proibito, soprattutto da quando un’intolleranza da grano è stata dichiarata addirittura dal sangue del mio sangue con un piccolo prelievo.
Inutile dire che in tale situazione ho dovuto sostituire il piacere di mangiar pane con quello assai limitato di sfornarlo, ma è solo un abile esercizio di sublimazione per rimanere salvi, non santi.
“Sono una donna non sono una santa”
“E infatti io non sono una santa” – Ecco cosa ho pensato quando ho annusato il sentore tartufato della mia farina, pregustando il momento dello strappo alla regola: l’assaggio doveroso di una piccola fetta di pane in cambio della mia opera per tutta l’allegra brigata.
Ecco il mio contributo si è risolto per lo più, in bruschette di bottarga e aringhe affumicate, mentre mio cugino Paolo ha fritto per tutto il tempo pollo e pasta lievitata senza alcuna distinzione di sorta, motivandosi con un imperativo perfetto come un sillogismo aristotelico: “Tutto ciò che è buono, si mangia. Tutto ciò che è fritto è buono. Quindi tutto ciò che è fritto si mangia”
Ecco spiegata la ragione per cui abbiamo in successione di cose: soprattutto fritto e soprattutto mangiato tutto ciò che era fritto.
Vizi e virtù del nuovo anno
Non è mancata la tradizione degli gnocchi con le sacre patate rosse di Avezzano. Mia madre per l’occasione ha anche sfoggiato un grembiule fiammante tempestato di stelle di Natale, sperando di essere immortalata anche lei in mezzo a tutto il resto.
Per rispetto di chi non c’era gli gnocchi sono stati contati tutti dal primo all’ultimo, perché era questo che avrebbe fatto mia nonna per ragioni legate alla sua proverbiale diffidenza in cucina.
Che qualcuno possa averglieli sottratti un giorno è sicuramente accaduto, ma è pur vero che da quel momento si è generata in lei la pretesa di un esagerato controllo verso ogni sua azione: una specie di dote o dannazione da cui non è mai venuta a capo e che oggi tutti assicurano di rivedere proprio proprio in me che non so fare gli gnocchi né di conto.
Forse non dovevo contarli?
Ricetta del pane al mais e tartufo nero
Ingredienti:
- 250 gr farina 0
- 50 gr di semola
- 200 gr farina di mais
- 150 gr di licoli rinfrescato
- 280 ml acqua
- 5 gr di sale
Procedimento
- Nella ciotola di una planetaria impastare le farine con il lievito e l’acqua.
- Non appena l’impasto risulterà amalgamato ma ancora appiccicoso aggiungere il sale.
- Impastare nuovamente ad una media velocità finché l’impasto non risulti ben incordato.
- A questo punto non rimuovere l’impasto dalla planetaria, sarà necessario impastarlo nuovamente. Lasciatelo riposare in autosili per 1 ora circa.
- Prelevare l’impasto e procedere con le piegature.
- Infarinate quel tanto che è necessario a non far aderire l’impasto sul piano di lavoro (se in marmo non sarà necessaria molta farina).
- Allungare l’impasto in un rettangolo e ripiegare a portafoglio prima nel senso della lunghezza e poi in quello della larghezza. Ripetere l’operazione dopo 10 minuti di riposo.
- Pirlare l’impasto facendo in modo di ricavare una palla perfettamente alta e sferica.
- Collocare il panetto in un cestino di lievitazione infarinato e lasciar riposare in un luogo asciutto e al riparo da correnti 2 ore max.
- Accendere il forno alla massima temperatura con dentro una cocotte con coperchio
- Rimuovere il pane dal cestino di lievitazione e procedere agli intagli preferiti con un’apposita lametta.
- Togliere dal forno la cocotte e portare la temperatura a 220 C°.
- Collocare il pane in cocotte, incoperchiare e cuocere in forno i primi 30′.
- Dopo trenta minuti, rimuovere il coperchio e continuare la cottura per altri 30′.
- Dopo 30′ controllare la cottura e se il pane avrà raggiunto la doratura desiderata, sfornare.
Adore le tue vicende: mi prendo il mio tempo, mi accomodo e leggo.
Ma alla fine quanti erano gli gnocchi?
E con “bardasce” e “citili” mi apro in un sorriso familiare.
Grazie Laura!
Milena bella allora parto dalla cosa più difficile per me: ho contato esattamente 420 gnocchi la prima volta che è quella che serve a conoscere il numero esatto a nostra disposizione e poi ne ho ricontati esattamente 420 per verificare ci fossero tutti… perché non si sa mai. Si il gene della nonna l’ho ereditato io 😀
Cara mia ti sorrido anche io alla citìla bella che sei!:-)
Primo.. fortuna che non sei santa e che ti sei lasciata come dire prendere la mano e hai assaggiato un pezzetto di sto ben di Dio qui..
secondo.. forse è ora che condividi altre vicende e storie di ”farine col prepotente fascino del proibito”, che ti vengono così meravigliosamente bene e che a me piacciono tanto….
terzo.. se per caso quando, tutti uniti assieme citìli e bardasci, vi ripiglia la nostalgia della comune, ricordati di me. perché io, ci vivrei in un meraviglioso posto così…
Guarda ogni volta che alzo lo sguardo e mi perdo tra le mie colline, mi ripeto quanto sono fortunata e quanto troppo poco io me ne rammenti… sono veramente meravigliose, con la loro morbidezza gentile ed anche con le loro enormi difficoltà di percorrenza e viabilità…
Quindi.. facci un pensierino, sotto le coperte Laurè… ok?
ah! vuoi sapere la novità? .. non so far di conto nemmeno io!!!!!
un bacione
Manù
Manùùùù ma io lo sapevo che tu correvi imbabbuciata da ma già pronta per il camino e il divano!!!
Si Manù se mai ho avuto un’aureola credo di averla persa il giorno in cui sono cominciate le restrizioni: nel senso che da quel momento mi sono dichiarata ufficialmente aperta a certe trasgressioni 🙂
Il pane in particolare ultimamente mi provoca: esce dal forno in forma smagliante per dispetto e mi dice: “Che fai neanche mi annusi?”
Lo so che mi capisci sulla comune, sulla campagna e sul cibo: hai visto che trittico che ti ho trovato?tutti con la stessa lettera di C-ompagna di banco!!!
Ma si che lo immaginavo che per il compito di matematica non avresti potuto darmi una mano, ho sospettato la nostra somiglianza su certe attitudini da quando ti ho immaginata alla prese con la retromarcia 😀
Manù un bacio immenso!
Gli gnocculi!!!
E’ un piacere leggerti Laura.
E gli gnocchi si contano. Sempre. Xx
E certo che si contano 🙂 perché sapere esattamente quanti sono nel piatto è una soddisfazione aggiunta!;-)
Antonella grazie a te, perché in realtà è un piacere per me sapere che corri a leggermi dai tempi del beneamato ‘gambero’!;-)
A presto!
Ecco, io non ho festeggiato Natale! Ne Capodanno. sono quindici anni che non festeggio più nulla. Cortina è fatta per venirci in vacanza, chi ci vive, durante le feste comandate, ci lavora…
Ma oggi seduta qui sul divano a leggerti, c’ero anche io tra di voi con i piedi scoperti e “imbaccuccati” .
Nemmeno io sono diventata stilista ma in compenso delle feste in famiglia ne conservo ancora il profumo del brodo di carne e la pizza di Ada, mia nonna, cotta nello “spoler”. E oggi ho riassaporato tutto ciò…
Romina cara ho notato che io e te chiacchieriamo molto sulle ricette a base di pane, per me questo può avere solo un senso: quando ci vedremo per andare o sulle tue Dolomiti o sulla mia Maiella tu porterai la bici e io porterò i panini per tutti e staremo benissimo! 😉
Sono felice di sapere siamo state in compagnia a Capodanno tua nonna Ada e mia Nonna Ida sarebbero state una bella squadra in cucina!:-)
È un vero piacere leggerti!!!!! Sorrido alle tue avventure familiari e culinarie e in certo qual modo mi hai riportato indietro nel tempo pensando a come erano belle le feste con tutta la famiglia zii cugini compresi !!!!
Paola benvenuta!sono felice del sorriso che le mie avventure famigliari ti strappano!quest’anno siamo stati bravi tutti a rispettare questo appuntamento 🙂
Paola grazie mille del tuo passaggio!un abbraccio!
Laurè, ma è mai possibile che tu non abbia una newsletter? E che io mi debba sempre dimenticare di te, persa nelle mie di ricette e vicende, e non ci sia modo di avere un richiamino che bussi alla mia casella di posta? Mi piace leggerti, mi piace il tuo sguardo, mi piace la tua cucina. E dunque, se non è già tardi per i buoni propositi del 2020, una mailing list e un form newsletter nel sito ce lo metterei. Ti direi “fallo anche solo per me”, ma so bene che lo sfrutterebbero in tanti 😉
Un abbraccio infarinato!
Claudia!si Claudia bella è pur possibile io sono ‘anziana’ di questo mestiere e non sono riuscita a star dietro anche a questo Tu però per favore Claudia non ti dimenticare di me, perché a me rende felice sapere che ci sei!!!
ps. mi impegno solennemente con te per una newsletter!ti abbraccio fortissimo!