E così eccomi qua, da novembre a marzo il tempo ha subito una sua accelerazione, o forse l’ho subita io: ho attraversato l’inverno a scrutare il cielo per trovare l’orario del mio corri corri preferito nelle strade di campagna.
Gli specialisti del settore la chiamerebbero ‘corsa campestre’ ma io resto quel che sono e cioè un’aspirante casalinga con il cruccio di invecchiare. Ecco perché alla fine ho ceduto alla guaina attillata delle mie più sportive intenzioni e per quattro mesi non ho fatto altro: correre e sperare di ringiovanire.
L’arca di Noè
Mi sono fermata esattamente pochi giorni fa quando nella nostra famiglia allargata è entrata Olga. In un motto di entusiasmo ho allertato mia madre che sarebbe diventata nonna ‘una seconda volta’ e visto il silenzio che ne è seguito ho dovuto precisare che mi riferivo al secondo cane.
Ecco Olga è un cane, come lo è Agata, un cane anche lei. La cosa più bella di questa vita di campagna sta proprio nel prendere e riportare a casa qualunque animale su cui da bambina mi sono ritrovata a fantasticare.
Mio padre era quello che desiderava convincerci della bellezza della casa in campagna in mezzo al niente e per farlo, e pur di farlo, abusò con le promesse senza curarsi di realizzarne neanche una.
Io le mie richieste le ricordo bene: due cani, due gatti, due galline, due oche e tutto in numero di due come chi si prepara ad allestire una nuova arca di Noè per sopravvivere al diluvio universale, che tanto è sempre in agguato.
Così Olga: e allora c’era questo nome nella galleria di nomi femminili collezionati nel tempo e nella mia testa, in attesa che la vita mi permettesse di farne buon uso.
In realtà Olga era il nome di una lontana zia che si ‘lusingava’ di Nino, mio nonno. Lui però si ‘lusingava’ di Irma, mia nonna.
E dal vorticoso giro della lusinga Olga è uscita di scena dalla mia famiglia con questa modalità: inevitabilmente.
In un certo senso le ho riaperto io la porta di casa a distanza di tempo e con l’omaggio di tornare in una specie di famiglia, una specie di arca di Noè, in cui umani e animali vivono in numero di due per ogni specie.
Attenti al lupo!
Quello che di recente ho capito è che gli amanti dei cani pastori ‘maremmano-abruzzesi’ (ma anche dei cani in genere), non dovrebbero ricorrere mai ad una scelta in un allevamento per la ‘purezza’ della razza.
La verità è che l’unica ‘purezza’ identitaria e caratteriale, questi cani la sviluppano se nati e vissuti all’interno di un gregge. Perché è questo il contesto che sollecita in loro l’attitudine a diventare custodi di tutto ciò che in natura è preda del lupo.
Ecco perché anche i pastori li chiamano ‘cani da lupo’: la loro presenza infatti non è legata all’attività della pastorizia ma alla presenza del lupo che è il loro unico avversario naturale. Nel tempo infatti la loro funzione in molte regioni dell’Appennino si è ridotta di molto numericamente e, non a caso, in tutti quei territori in cui il lupo si è estinto, tranne che in Abruzzo. È qui che questi cani mantengono inalterata la loro identità di custodi di un gregge reale, ma anche di un gregge ‘ideale’ in cui siano previsti gatti, galline e uomo. E proprio in questo gregge e con questo preciso imprinting ora in cucina siamo in tre: io, Agata e Olga, l’ultima arrivata.
Spumetti abruzzesi
Da quando mi sono fermata ho avuto anche il tempo di ammalarmi. Prima di questo momento la domanda più ricorrente che rivolgevo ai miei studenti in dad era: “Li senti ancora i sapori?” Forse la mia più grande preoccupazione.
Così a furia di fare certe domande a tutti quelli che attorno a me cadevano come mosche, alla fine sono caduta anche io.
E sono caduta rovinosamente e soffrendo molto ma con onore: concentrando tutta la resistenza possibile in difesa dell’unico territorio che non potevo permettermi di perdere, il palato.
Quello che in casa è sempre a disposizione e con cui potrei sopravvivere a momenti di austerità sono sempre le stesse cose: albumi e bucce di arancio.
Ce n’è una provvista nel freezer pronta all’uso come se in casa non facessimo altro dalla mattina alla sera: montare albumi e pelare arance.
Così ecco, ho pensato a quella ricetta che guai a chiamare meringa se sei abruzzese dalla nascita, e che devo alla speciale condivisione delle amiche di @unacucinaapois.
Quando si morde uno spumetto c’è tutta la suggestione di quella frase di Baudelaire quando a proposito della sua misteriosa passante diceva: “La dolcezza che affascina e il piacere che uccide”. Sarà forse riduttivo ma è così che ho impedito alle mie papille gustative di dimenticare com’è il sapore della dolcezza che affascina e del piacere che uccide.
Tempo fa realizzai anche un video sull’esecuzione di questi dolcetti, proprio nella mia cucina che ormai è teatro irrinunciabile di ogni mio scatto. C’era anche un tango perfetto a portare il tempo della montatura degli albumi a mano, per i puristi e gli irrinunciabili ‘amanuensi’.
Ricetta degli spumetti abruzzesi
Ingredienti (dose per 8 spumetti medio grandi):
- 2 albumi,
- 120 gr zucchero semolato
- Succo di limone (qualche goccia)
- Buccia di 1 arancio bio
- 150 mandorle a lamelle senza buccia
Procedimento
- Tostare le mandorle e lasciar raffreddare.
- Montare gli albumi a neve con qualche goccia di limone e aggiungendo progressivamente lo zucchero.
- Preriscaldare il forno statico a 125 gradi.
- Montati gli albumi aggiungere poco alla volta le mandorle.
- Disporre gli spumetti a cucchiaiate su una teglia rivestita da carta forno.
- Infornare per 45’.
- A cottura ultimata lasciare gli spumetti in forno ad asciugare.
- Conservare in scatole di latta.
Che Olga sia una dolcezza già l’ho detto. Quello che non ho ancora confessato ad alta voce è che oggi sono esattamente 79 giorni che sono tagliata fuori dal mondo, dal mio mondo. Il gusto è stato recuperato a, circa, 80%. Ma l’olfatto mi ha abbandonata e non me ne faccio una ragione, non ci riesco.
Mi alleno ogni giorno, con il naso dentro mille barattoli, a cercare di recuperare la totale complessità di quei odori che conosco bene. Posso sopravvivere a certe assenze, ma se sto nel mezzo del bosco o dei campi, con il naso nel collo di mia figlia o di quello del maritino, non essere abilitata a riconoscere quello che per natura ero portata a riconoscere prima di altri, mi fa sentire menomata.
“Non voglio turbarla, ma potrebbe non tornare mai più…” Non mi rassegno mica a questa frase. Turbarla? Non riesco. A costo di traslocare in un vivaio.
Dicono che è questione di allenamento, di tempo. Ho pazienza di solito. Ma questa volta non molta.
Per fortuna poi ci sono le cose belle da leggere per le quali non mi serve il naso o la lingua. Basta spalancare il cuore. ❤️
Rebecka, accidenti cosa mi dici!
Io però sono fiduciosa e mi piacerebbe regalarti un po’ di quella pazienza che ho imparato, pensa un po’, proprio correndo 😀
Tutte le persone che hanno perso i sapori e l’olfatto, hanno avuto un lungo percorso di recupero ma ti assicuro che il recupero c’è stato, non perdere fiducia. Me lo prometti?
Sono sempre felice di ritrovarti da queste parti e chiacchierare con te!
Bentornata Lauretta del mio cuore! Caspiterinella! Anche tu 🙁 mi dispiace! e mi dispiace sapere anche che la caduta è stata dolorosa! ma… sono altresì contenta tu abbia tenacemente lottato per mantenere e conservare quello che a noi sta di più a cuore, ovvero la possibilità di godere del piacere del ruminantaggio!
Avrei voluto vederti mentre (per)correvi le stradoline di campagna nella tua corsa di ”capillarizzazione” (come l’avrebbe chiamata il mio insegnante di educazione fisica), ovvero la corsa lunga e lenta quella che fornisce i maggiori e migliori benefici: quanto mi faceva penare alle medie! il prof e pure la corsa!
Olga credo sia una cucciolotta mooooolto fortunata! credo non potesse capitare in una famiglia due per due migliore della tua! Non vedo l’ora di vedere come cresce!
Allora facciamo tanti spumetti, spumetti a manetta così ci ripigliamo un pochetto tutte e due ok?!
Ti abbraccio fortissimo!
Manù.
Manù bella, si Olga ti piacerebbe e sono certa che in queste strade di campagna ti piacerebbe anche la corsa ‘capillare’ 😀
“A manetta” non risentivo questa espressione dai tempi di Casoli!Ogni tanto mi è capitato di lasciarmela scappare da queste parti ma nessuno mi ha capito. Inutile dirti che non mi sorprende la scoperta di uno stesso linguaggio con te… ma saremo state veramente compagne di banco?
Ti abbraccio fortissimo anche io!
Semplicemente una gioia poter leggere le tue parole, i tuoi racconti. Ammirare le tue bellissime fotografie.
Agata ed Olga sono meravigliose!
Un abbraccio 🙂
Ilaria
Ilaria, praticamente siamo tornate insieme con la Primavera!Proprio un bel modo di tornare!La verità è che ieri sono stata felicissima di leggere il tuo post, ci sono tanti argomenti su cui siamo allineate soprattutto, credo, il modo di portare la reflex appesa al collo. Mi piace chi ha un approccio istintivo e immediato nel modo di raccontarsi e inutile dirlo l’unico modo per farlo bene come fai tu, è guardarsi intorno e immortalare ciò che è lì senza troppi artifici ma con la giusta luce 😀
Ciao Laura, benvenuta alla piccola Olga!
Proverò subito questa bellissima ricetta, anche io adoro queste nuvole di bontà tutta bianca… credo di non averli mai assaggiati con l’aggiunta di mandorle poi – che amo moltissimo – qui a Roma non si fanno così!
Spero di riuscire nell’intento e di raccontarti com’è andata
Rimettiti presto, ti abbraccio ❤⚘
Ciao Aida!Che bello leggerti qui ‘a casa mia’ 😀
Si secondo me gli spumetti ti piaceranno, le mandorle in Abruzzo le mettiamo ovunque e così anche le meringhe diventano diverse e con un altro nome.
Fammi sapere come verranno, io nel frattempo mi rimetterò presto!
Olga, sapevo ti sarebbe piaciuta 😀