La signora dello strutto

strutto fatto in casa

Questo fine settimana la “signora del sapone” non ha fatto il sapone perché da Michele, il macellaio, è arrivata prima la sottoscritta: la “signora dello strutto”. 

Bello Michele, che non sa di essere bello. Lo penso tutte le volte che lo guardo senza poterglielo dire: per una serie di motivi e perché il costume e la devozione di donna maritata, all’unisono, non me lo consentono. 

Tutte le altre invece lo pensano e lo dicono a Michele : “Quanto sei bello Michele!”

“Perché sono sincere” – aggiungono – “…e non possono fare a meno di dire tutto ciò che pensano” 

E così l’altro giorno mentre consideravo quanto scarso sia il mondo di ‘uomini alla Michele’, tutti d’un pezzo anche davanti a tanta sincerità non richiesta, mi è venuto in mente lo strutto. 

In realtà qualche tempo fa, visto e considerato l’argomento, avevo pensato di risolvere la questione fra donne, ma quando la mia pasticciera di fiducia mi ha confessato di reperirlo al supermercato, ho capito di dovermi rivolgere ad un professionista. 

Il lungo lavoro di ammorbidire il pregiudizio verso la materia grassa della mia vita e di alcuni ingredienti ha sentito così il bisogno di un ‘luogo ameno’ a lasciarsi andare, ecco perché ho evitato il supermercato e sono andata da Michele. 

“Cotenna, sugna e strutto passino pure, i conservanti possibilmente no” – E’ stato il pensiero di venerdì mentre percorrevo il tratto sterrato che porta a Michele e alla sua vita in fattoria.  

Così eccomi qua: la Signora Russo, in persona, che chiede per la prima volta non della salute del pollo vivo e vegeto prenotato più di sei mesi fa, né delle uova fresche che le galline stressate non fanno più dalla scorsa primavera.

“Michele posso farle una domanda?” 

E mi accorgo che la domanda è quella sbagliata. Sento nelle orecchie la voce di mio marito quando mi fa notare che non si fa una domanda prima di una domanda, anche se io non ne capisco il motivo.

Ad ogni modo mi correggo e lo incalzo:

“Michele dove e come ci si procura lo strutto?” – 

Ma anche questa volta mi accorgo che le domande sono due e quindi ho un serio problema con le domande, oltre che con lo strutto che di questi tempi è diventato introvabile come ‘gli uomini alla Michele’: tutti d’un pezzo anche davanti a troppe domande tutte insieme.  

Per tutta risposta però Michele, che è uomo d’azione e di poche parole, mi capisce a volo prima che io possa formulare la mia terza, quarta e quinta domanda e, senza esitare, mi regala tutta la cotenna messa da parte per la “Signora del sapone”. 

La signora del sapone

C’è una “signora del venerdì” che è la ‘signora del sapone’: il fine settimana passa in fattoria e con la cotenna in eccesso si dedica alla produzione di sapone fatto in casa. 

L’immagine mi piace e si fa avanti così ‘nitida’ e ‘pulita’ tra i miei pensieri che una reticenza e un’altra domanda mi frenano nello spazio di un attimo.

“Michele, cosa dirà alla signora del sapone?”

E lui: “Signora Russo, le dirò che questo venerdì è arrivata prima la signora dello strutto”.  

Fattoria

Strutto e

cotenna

Fattoria

inverno

La Signora dello strutto

Ribattezzata a nuova entità casalinga, per entrare a pieno titolo nel personaggio della “Signora dello strutto”,  domenica, in attesa del pranzo e dei nostri ospiti, ho cominciato a sterilizzare barattoli. 

Se si prende sul serio il lavoro della ‘conservazione’ in termini di dedizione e di abnegazione è possibile impiegare tutto il tempo necessario rinunciando a fare altro, ma non è stato questo il caso.

Quello che ho scoperto sulla questione è che i tempi di fusione del grasso da materia solida a stato liquido sono molto veloci, se si ha l’ausilio di una casseruola dal fondo spesso e bordi alti: questo, ad esempio, chiarisce bene perché, sul peculiare caso dei miei strati adiposi, più riposti, tutta l’attività fisica perseguita negli anni non sia stata mai sufficiente a sciogliere così velocemente tutto il dovuto.

Ma anche nel caso dello strutto c’è una parte di grasso che resiste e che mai si scioglierà forse perché atavica, forse perché la più dura a morire, e che non va assolutamente eliminata. 

Proprio quest’ultima, se spremuta in uno schiaccia patate,  diventa nota ai più col nome di ‘sfrigoli’. 

A questo punto data la certezza dello strutto da una parte e quella degli sfrigoli dall’altra, tutto può essere rimesso in gioco a partire da una gustosa pizza contadina a base di strutto e sfrigoli nell’impasto, anche se la sottoscritta ha gradito gli sfrigoli in purezza e nell’unico modo che si addice alla ‘Signora dello strutto’: senza orpelli e sensi di colpa.

Sfrigoli

 Ricetta dello strutto fatto in casa 

Ingredienti:

  • grasso del maiale

Procedimento:

  • Tagliare a pezzi il grasso del maiale che si ha a disposizione e lasciarlo per un po’ in ammollo nell’acqua
  • Scolare dall’acqua e collocare la cotenna in una casseruola capiente, dal fondo spesso e bordi alti
  • Far sciogliere il grasso fino a cottura di quei pezzi che non si scioglieranno
  • Invasare lo strutto liquido dentro barattoli precedentemente sterilizzati
  • Non appena lo strutto solidificherà conservare in frigo
  • Schiacciare in un passa patate il grasso rimasto scolando lo strutto in eccesso
  • Servire gli sfrigoli pestati, con una spolverata di sale.

Fattoria di Michele

4 thoughts on “La signora dello strutto

  • Eccomi qui, io la ragazza delle mele e della seconda scelta…
    In casa Manù esistono i ‘periodi’, le ‘ere’,i ‘lunghi momenti’ oh, non so chiamali come vuoi..
    sta di fatto che da metà Dicembre, inizia il ‘periodo delle bottiglie’ cioè quel periodo dell’anno in cui mio babbo chiede a me e mia sorella (che ormai convive da qualche anno) di non accartocciare le bottiglie di plastica per buttarle, ma di tenerle intere e raccoglierle (quindi tu immagina tanti scatoloni per casa pieni di bottiglie di plastica)…
    ‘en le butè via cle butiglie da adessa, perchè me servne per el distrutt’ .. questa è la frase che sancisce l’inizio della nuova era, e tu sai che il tuo compito da quel momento fino verso fine anno e un po’ di più, sarà quello di fare scorta come gli scoiattoli fanno con le ghiande per l’inverno…
    Questo perchè da inizio gennaio, fino ca il 20, mio papà assieme a suo fratello e ad altri contadini limitrofi iniziano una specie di danza circolare, una sorta di rotazione terrestre attorno all’asse di rotazione appunto che in questo caso è il maiale di ognuno di loro… Quindi mio papà una volta ‘ammazza e concia’ il maiale di Leo, suo fratello,una volta quello di Gilberto, un’altra quello dei Palmas (sta a te indovinare la provenienza di questi fantastici pastori), un’altra ancora di Guido, fino ad arrivare al suo e tu sei lì che contribuisci con la scorta di bottiglie e pure con qualcos’altro (perchè si mangia il maiale sì, quando lo si lavora tutti assieme, però “la crostata la fai te, vero Manu?”).. ecco allora tu capisci che da me lo strutto finisce nelle bottiglie…..
    La mia nomea di ‘ragazza della seconda scelta ‘ l’ho orgogliosamente ottenuto da quando ho iniziato a frequentare il mercato Coldiretti di Pesaro e ho individuato i banchetti delle aziende più piccoline, con poche cose, che si vede proprio che son dell’orto, e ho iniziato a dire agi agricoltori di tenermi da parte tutto quello che loro scartano per via dell’apparenza poco proponibile (perchè checchè se ne dica,ance in un mercato in cui la gente dovrebbe essere maggiormente consapevole, vige la legge del “più bello non ce l’hai?”),così mi dono fatta amica tutti i contadini più spicci, alla mano, senza peli sulla lingua .. praticamente i più meravigliosi! Tra questi ci sono due sorelle che oltre alle verdure vendono anche la frutta e sono le mie spacciatrici di frutta da smarmellamento ossessivo compulsivo e siccome hanno delle meline piccole, stortine a volte un po’ battute io me ne faccio sempre tenere da parte un 3 kg.. e così… sono la ragazza delle mele e della seconda scelta.

    ‘Il lungo lavoro di ammorbidire il pregiudizio verso la materia grassa della mia vita e di alcuni ingredienti’ io l’ho appena cominciato e se il tuo ‘ha sentito così il bisogno di un ‘luogo ameno’ a lasciarsi andare’ io devo trovarlo ancora quel posto, però .. la morbidezza inizia a piacermi, così come la gentilezza che hanno tutte le cose morbidi, quella dolcezza su cui tutto scorre molto più facilmente, come sul fianco di una collina, e quindi piano piano comincio ad apprezzare di più anche questa parte, che è meravigliosa…
    Mi piace anche che ci sia una parte di grasso nello strutto che non si scioglie, che tiene duro e che devi (s)premere di più per farne uscire il buono che c’è dentro, la parte più preziosa… Un po’ come se dicesse ‘vedi mo’ che non sono poi così pappamolla come tutti pensano sia il grasso’…
    Quindi Lauretta mantieni quella parte morbida e atavica di te,custodiscila come fosse un tesoro, perchè è meravigliosa…ed è la parte migliore.. (gli strigoli vengon da lì)
    A me una persona settimana scorsa mi ha detto che adesso sono ‘più gentile’, ‘morbidamente gentile’ ed io l’ho abbracciato fortissimo….
    voglio ricordami queste due parole quando guardandomi troverò ancora qualcosa che non va, quando la testa vorrà ancora cercare di togliere quello che invece resta fortemente e saldamente lì….
    La gentilezza….questo è la morbidezza….
    Un abbraccio forte a te, signora dello strutto..

    ps: quanto vorrei conoscere Michele…
    Manù

    • Manù ma che bella storia hai tu alle spalle, fatta di persone e tradizioni belle che non sono sepolte in un lontano passato ma anzi ti accompagnano: tuo padre e le bottigliette di plastica, tu e le tue crostate da evento, le mele piccole e quelle storte della seconda scelta e le signore spacciatrici dello smarmellamento!
      Io ti leggo e mi sento catapultata nell”amarcord’ genuino e veritiero che più mi piace

      E ora parliamo di grasso.
      C’è una sottile educazione che ci danneggia, e ci contagia in tenera età più del morbillo, ed è purtroppo il pregiudizio verso alcuni alimenti.
      A questo proposito il paradosso è che io, ad esempio, mi sono sempre sentita ‘sana’ perché mia madre mi salvava dallo strutto e dal burro con un’ ‘educazione’ dietetica anni 80 di surgelati e precotti pieni di conservanti, ma in effetti non è così che mi sono meritata il paradiso dei giusti

      In questo periodo vedo qualcosa di simile ripetersi, soprattutto quando osservo un certo bloggerismo ‘di genere’ e mi accorgo che le mode sono tornate e mai dismesse: ci sono ricette che rimbalzano meglio di palline da ping pong di blog in blog; ci sono ingredienti feticcio che guai a non conoscere e nella corsa generale tutto ciò che ci appartiene di più e che ci racconterebbe meglio si disperde.

      Così eccomi qua oggi, orgogliosamente ribattezzata come la ‘signora dello strutto’ che penso e mi chiedo:
      “Ma se non sono morta con i conservanti e tutti i pesticidi di quando frutta e verdura non si dichiaravano ancora ‘bio’, perché dovrei morire di strutto?”

      E questa è la domanda risolutiva (ed è una sola!) che mi autorizza e mi da licenza ogni volta in cui qualche scrupolo mi assale.

      C’è da dire che se il macellaio, il fruttivendolo, il gelataio sono tutti ‘uomini alla Michele’ tutto è ancora più facile

      Manù ti abbraccio
      e mi raccomando alle bottigliette!;-)

      • Si, qui ancora nel piccolo posto in cui vivo è così.. Ci si aiuta tra contadini vicini… mio papà presta il trattore a uno, va a far legna per quell’altro,quando è il ‘periodo’ della battitura anche lì a rotazione prima l’orzo di uno, poi il grano di un altro… è bello,mi piace un sacco ed ho imparato da lui (oltre che da nonna),il valore del lavoro fatto con le mani e del prodotto che ne deriva, che può essere appunto più piccolo, più più storto, più imperfetto ma ugualmente buono, se non di più….

        Ma torniamo al grasso…
        Anche io sono cresciuta senza tante premure, a merendine kinder (adoravo quella ai 5 cereali più scura nel latte la mattina), pane e nutella (che era la merenda di ogni giorno duranti i campi estivi parrocchiali) e poi mia nonna (la tipa figa), non era certo quella che badava alla parte salutistica delle preparazioni…. Però io crescendo, anzi ne esco fuori ora piano piano, ho sviluppato un problema col cibo, che in realtà non era proprio proprio con lui, però lo utilizzavo per dire al mondo che mi circondava che non stavo bene…perchè fondamentalmente i disturbi alimentari sono questo: l’uso sbagliato del cibo (in eccesso o in difetto) per manifestare un enorme disagio interiore…. ci si fa del male da soli per gridare in qualche modo quanto si sta male, credendo che qualcuno risponda, invece tutti si spaventano e tu ottieni l’esatto opposto….
        Ecco allora che per me, l’ammorbidire il pregiudizio verso la materia grassa della mia vita e di molti ingredienti, ha un valore ancora maggiore perchè significa proprio un ritornare all’essenza, a quella parte atavica che non si scioglie e rimane lì….tornare ad amare certe cose, siano esse cibo o altro (leggi i tuoi-miei strati adiposi) significa un tornare ad AMARE LA VITA e tutta la bellezza che ne fa parte….però hai ragione sul fatto dei blog e sul fatto che si (dis)perde quello che in realtà ci rappresenterebbe di più e sicuramente… non moriremo di strutto, soprattutto se è quello fatto con la cotenna di Michele…

        Laurè… io ti abbraccio di più..
        Manù

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